Benevento, occupi casa? Ti rubo acqua e figli!
«Non potete stare in mezzo a quella gentaglia: se arriva uno sgombro (sic!), i bambini vi saranno tolti e affidati a una casa famiglia». «Quella lì dentro è gente “che s’aesse truà na fatica”».
La famiglia è composta da padre e madre senza lavoro e la gentaglia sono i loro compagni nell’occupazione di una casa. Uno stabile privato di via Episcopio. Succede a Benevento, la storia – come molte altre di Popoff è stata segnalata dai lettori, e questo dialogo è stato registrato con un telefonino. A scriverlo è il cronista locale Cristiano Vella sul sito Ottopagine. C’è un video che ha catturato gli otto minuti di conversazione ed è a disposizione dei legali della coppia dopo essere stato ascoltato in conferenza stampa.
«Secondo la signora dei servizi sociali se avessimo avuto un lavoro saremmo stati qui a occupare uno stabile privato? Siamo qui proprio perché un lavoro non ce l’abbiamo più, l’abbiamo perso tra cassa integrazione, mobilità, licenziamenti. Siamo qui proprio per senso di responsabilità nei confronti dei nostri figli, che diversamente dovrebbero vivere in macchina, come già è successo, o per strada». «Non è questo il ruolo dei servizi sociali, i servizi sociali dovrebbero dare assistenza a chi si trova in difficoltà, non minacciare o insultare le persone – dicono le famiglie occupanti – I servizi sociali ci hanno contattato di loro spontanea volontà, quindi non è vero, come trapela, che qui ci sono solo anonimi. Prendano atto che qui ci sono famiglie con minori, e diano sostegno e assistenza, invece di minacciare. Presto cominceremo una campagna per farci conoscere: ci metteremo la faccia per permettere alle persone di stabilire se siamo gentaglia o no». Sarà depositata oggi stesso la richiesta allo Iacp di effettuare l’anagrafe delle utenze.
Ma la risposta del comune di Benevento è stata quella di spedire gli operatori Gesesa (la spa che gestisce il servizio idrico e il cui presidente è un notabile vendoliano locale) a mettere i sigilli al contatore. «Per domani mattina è possibile che vengano con la polizia. Invito tutti i cittadini a recarsi al presidio di Via Episcopio per documentare e testimoniare le azioni di minaccia messe in atto dal Comune. Complimenti ancora ai “compagni” di Sinistra e Libertà che non hanno assunto una posizione politica rispetto al problema e che hanno venduto il loro silenzio in cambio della presidenza della Gesesa», dice Alessandro Tucci del Movimento di Lotta per la Casa.
Dopo i tentativi di appioppare il reato di associazione a delinquere a chi occupa una casa, la nuova frontiera della repressione sembra quella di colpire gli occupanti nei loro affetti più cari, i figli. C’è almeno un precedente contro i No Tav.
Nel novembre scorso, una lettera era rimbalzata dai siti Notav fino a Globalist e Popoff: «Ciao a tutti, segnalo che stanno arrivando a casa convocazioni presso gli uffici di assistenza sociale, richiesti dalla Procura di Torino – Tribunale dei minorenni – per i ragazzi, minorenni appunto, che prendono parte a presidi, sit-in, volantinaggi, manifestazioni, attività No Tav, senza che ci sia una configurazione di un reato. Si tratta di ragazzini identificati dalle forze dell’ordine, mentre, pacificamente, manifestavano in Valle di Susa. Mio figlio Francesco, ancora 14enne, è stato segnalato, insieme ad altri minorenni, in quanto volantinava a Susa, a fine settembre. Non essendoci presenza di reato, perché la Procura “segnala” i ragazzini ai servizi sociali? Per vedere se il loro sano attivismo è sintomo di patologie o disagi familiari? Se hanno genitori violenti, oppressivi che li costringono a manifestare per diritti civili e politici? Manifestare diviene sintomo di disagio, per i rappresentanti della legge? Se questo non è regime, non so cos’altro dire».
Il “Gruppo Famiglie No tav” all’epoca replicò con nettezza: «Siamo genitori attentissimi ai nostri figli, i quali vengono educati a valori fondamentali come la condivisione, la solidarietà, il rispetto dell’altro e della Madre Terra e pensiamo che sia un insulto prima di tutto al lavoro e all’impegno degli operatori dei Servizi quello di segnalare famiglie come le nostre invece di sostenere economicamente e politicamente il loro operato, che spesso svolgono in condizioni di estrema precarietà. Dunque solidarietà alle famiglie segnalate e agli operatori costretti a perdere le loro risorse in questo compito».
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