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Bologna: sciopero e ridicole polemiche

Unità, divisione, tre ore, otto ore, arroganza, gentilezza. I dibattiti per riuscire a trovare l’equilibrismo fra le sigle sindacali confederali e all’interno delle stesse sono sempre più distanti dai problemi dei lavoratori e dei propri iscritti. Il primo sciopero contro la più grande manovra di lacrime e sangue degli ultimi decenni conta soltanto tre ore, e questo dovrebbe già dirla lunga su quale sia la reale volontà di contrastare il governo del presidente (Napolitano ovviamente).

Quelle tre ore però hanno innescato polemiche soprattutto in salsa bolognese. Infatti oggi a Bologna la Cgil ha corso nuovamente da sola e ha scelto di accorpare lo sciopero a quello della Fiom-Cgil lanciando otto ore di sciopero contro la manovra del governo di Mario Monti. Così mentre nel resto d’Italia Susanna Camusso, era riuscita a trovare un compromesso con Cisl e Uil per una fermata del lavoro di tre ore, nel capoluogo emiliano (ma anche a Brescia, Reggio Emilia, Modena e Ferrara) la Cgil ha scelto nuovamente la via solitaria.

La divisione fra le sigle sindacali sul territorio bolognese nasce per i toni da usare contro la FIAT. “A Bologna scioperiamo insieme – dichiara Alessandro Alberani della CISL – se la Cgil toglie dal proprio volantino il riferimento alla arroganza della Fiat”. La parola “arroganza” è quindi il seme della discordia emiliano, territorio in cui la FIAT nelle fabbriche Magneti Marelli, Cnh e Ferrari, sta usando una vera e propria violenza imponendo un nuovo contratto sul modello Pomigliano.

La manifestazione di questa mattina conclusasi in Piazza Roosevelt vicino al palazzo della Prefettura ha visto partecipare 1.500 persone, e dal palco non sono mancate ancora polemiche, stavolta fra CGIL e la Legacoop che aveva criticato la scelta di scioperare per otto ore. “Ci hanno sorpreso queste posizioni delle nostre controparti – dichiara dal palco Danilo Gruppi – Legacoop e Cna. Non siamo ragazzini intemperanti, ci facciano decidere a noi quando scioperare”.

Intorno a questa manovra emerge la profonda crisi della “sinistra” italiana che dopo la caduta di Berlusconi non ha più alcun appliglio su cui aggrapparsi e sul territorio bolognese emerge la debolezza di un asse che in precedenza marciava piuttosto compatto: partito, amministrazioni, poteri economici (cooperative) e rappresentanza sindacale.

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