C’è chi nella crisi muore, c’è chi sulla crisi specula
La scorsa notte, un commerciante di 49 anni è morto d’infarto, accasciandosi al suolo dopo un alterco verbale con alcuni scioperanti al Centro Agro Alimentare di Torino (il maggiore snodo di distribuzione dell’ortofrutta di tutta la provincia), in quel momento al centro di uno sciopero per l’ottenimento di un contratto quadro.
Alla famiglia e ai conoscenti della persona che è venuta a mancare, va tutto il nostro cordoglio e la nostra vicinanza per la perdita di una persona cara.
Mentre alcuni giornalisti speculano politicamente sul tragico evento, quanto accaduto questa notte pone, secondo noi, alcune domande scomode: alla Direzione del Caat e alla Questura di Torino.
Perché si è deciso di affrontare quello che si annunciava come un picchetto di lavoratori con modalità proprie di uno stato di polizia? Com’è che un luogo di lavoro alle porte della città in cui sono impiegate tra le 800 e le 1000 persone non possiede un presidio sanitario al suo interno? E perché la Questura, nel mobilitare numeri di questa portata (esercizio di forza paragonabile a una manifestazione di diverse migliaia di persone), non si dota di almeno due ambulanze per i casi di emergenza?
La tragedia accaduta stanotte è il portato di una situazione non più tollerabile di sfruttamento e impoverimento sociale, che sfocia in una guerra tra poveri dagli esiti disastrosi. Mentre il piccolo commercio (i mercatari) è strangolato da una crisi indotta dai grandi poteri capitalistici, spesso indebitato con banche e finanziarie, quegli stessi poteri riducono in condizioni di schiavitù migliaia di persone nel settore della logistica, causando scioperi e blocchi legittimi di fronte ai quali autotrasportatori e mercatari (anch’essi privati di una vita dignitosa da questo sistema economico) reagiscono talvolta con rabbia.
Chi guadagna in tutto questo? Ci guadagnano i veri responsabili della morte di quest’uomo, o dei feriti dello scorso maggio: chi gestisce il Caat e le sue cooperative, chi si paga le vacanze ai Caraibi con il sudore e la vita dei lavoratori della logistica. Chi non rischia di morire d’infarto protestando contro uno sciopero perché non dovrà mai sporcarsi le mani metendo in piedi una bancarella; chi ha abbastanza cinismo da credere che il settore agroalimentare debba basarsi su forme di schiavitù legalizzata (e molto più spesso del tutto illegale).
Queste sono le domande e le riflessioni che oggi, dopo quel che è successo, dovremmo avanzare, ma questo paese in mano a una casta di parassiti dell’economia e servi dell’informazione non riesce a esprimere, sulla carta stampata, che la strumentalizzazione più bieca, l’attacco più insinuante, calunnioso e disinformante.
Ci sono giornalisti, in queste ore, che non riescono a nascondere la loro felicità per quanto accaduto: finalmente possono attaccare gli autonomi, i centri sociali e quanti credono nella necessità di uno sciopero sociale generalizzato contro gli efetti di questa crisi.
Per quanto ci riguarda, la tragicità di quanto successo è una ragione in più per rilanciare la mobilitazione contro i responsabili della crisi che si troveranno nel vertice che si svolgerà nei prossimi due giorni nella nostra città. Mentre si continuano a sperperare soldi pubblici per questi eventi inutili, non si trovano i soldi per garantire un contratto dignitoso per lavoratori che svolgono mansioni faticose e logoranti, non si mettono in sicurezza le scuole e i territori (Genova docet). Così come i lavoratori della logistica mantengono aperto lo stato di agitazione, noi precar*, student*, giovani disoccupat* confermiamo l’appuntamento di domani mattina per il corteo studentesco e cittadino contro il vertice dell’ipocrisia.
Appuntamento, venerdì 17 ottobre, alle h 9 in piazza Arbarello
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