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Contro il governo delle polizie. La complicità della Verdi Quindici Occupata

Le piazze del 14N, in Italia come in Europa, hanno disegnato un filo rosso capace di assumere dimensioni potenti, tanto da togliere qualche ora di sonno a chi governa nei tempi dell’austerity. Piazze che sono state attraversate da composizioni diverse ed eterogenee che però nel complesso condividevano un rifiuto conclamato dei meccanismi di pacificazione tentati da chi voleva una protesta composta e silenziosa: tutta l’Europa ha visto le prime sperimentazioni di costruzione di conflitto su un piano che superava la rappresentazione e che nel riversarsi sui territori si faceva collettore e megafono di esigenze reali. Le mobilitazioni in tutto il Sud Europa hanno parlato il linguaggio di una composizione giovanile molto forte, nelle sue varie declinazioni, di alcune figure del lavoro tradizionale che di fronte a un impoverimento costante e violento si sono messe in movimento, di un consenso sempre maggiore verso chi pratica forme di incompatibilità con una vera e propria metamorfosi del concetto di sciopero generale.

I cortei nel nostro paese ci hanno testimoniato anche l’ennesima rottura tra il ceto politico dei sindacati e una generazione di giovani appesi tra la disoccupazione e la precarietà permanente. Una generazione motore e collettore di un malcontento ben più diffuso che vede le prime tenere ed insufficienti forme di attivazione e partecipazione. La risposta dei governi a queste mobilitazioni è stata chiara ed evidente e va ancora di più ad approfondire quella scollatura tra la politica e la gente laddove l’ordine pubblico sopperisce a un vuoto politico istituzionale. La ‘terapia d’urto’ vorrebbe essere in qualche modo il deterrente per evitare rovesciamenti di campo, e infatti in Italia quanto in Spagna e Portogallo, a Torino come a Roma Napoli e Brescia chi contesta le politiche del debito, chi fuoriesce dalla rappresentazione della protesta comoda e quadrata utile per le prossime elezioni ha avuto come unica risposta manganelli, camionette, idranti e lacrimogeni. Ma crediamo anche che chi vorrebbe fermare interi settori di società in sommovimento con il ‘bastone profumiano’ dovrà confrontarsi anche con una continua crescita del consenso verso i movimenti, in una sempre maggiore disaffezione alla politica istituzionale ed ai media mainstream… Proprio per questo che crediamo che sia necessario ogni qualvolta gli studenti e le studentesse vengono arrestati, denunciati, identificati e manganellati rilanciare su nuove giornate di lotta e mobilitazione non rinchiuse su se stesse ma sempre più larghe, aperte e ricche di sperimentazioni di massa per riappropriarci di un futuro negato. 

Ai nostri compagni di lotte di Roma, di Napoli, di Brescia, di Milano, e di tutte le altre città, non vogliamo solamente mandare la nostra solidarietà, ma vogliamo anche testimoniare la voglia, che si fa necessità, di rivedersi sulle barricate, che siano figurate o reali, di rilanciare ancora su un’agenda di conflitto, di riappropriazione e generalizzazione. In queste poche righe vogliamo anche provare a superare la semplice categoria di solidarietà: il nostro abbraccio arrivi a tutt*, in un’affettività politica che denunci il governo violento delle polizie nelle piazze, profittando della povertà silenziosa e impotente della politica istituzionale, ma prenda soprattutto le forme di volontà e esigenza di programma autonomo contro l’austerity e la crisi, perchè nel cantiere del grattacielo SanPaolo c’eravamo tutt*, sul Lungotevere a resistere alle cariche anche, a gridare ‘Jatevenne’ contro il ministro Fornero e la sua cricca pure. Siamo un unico sommovimento, per questo hanno paura di noi, e fanno bene ad averne. 

Verdi Quindici Occupata

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