“Napolitano falli tu i sacrifici!” Contestazione a Pisa
Già dalla primissima mattinata gli incontri istituzionali sono stati accompagnati da contestazioni significative sul piano simbolico e per la capacità di attrarre importante consensi, non solo in rete, da parti significative delle stesse piazza addobbate da migliaia di tricolori e bandierine, in perfetto stile “coesione nazionale”. Solo che la rappresentazione mediale e culturale, di una città pisana governata dal centro-sinistra, pronta ad ospitare Napolitano in quanto segno di una presunta opposizione al governo Berlusconi, è stata a differenza dell’intento degli organizzatori, profondamente messa in crisi dall’incisione reale di pratiche e soggetti che iniziano ad emergere, ad autorappresentarsi, a comunicare ed a protestare contro ogni kermesse – simbolo di tutta la distanza tra classe politica ed istituzionale con le realtà sociali in lotta contro il debito e l’impoverimento.
Se erano previste migliaia e migliaia di bambini delle scuole medie ed elementari, accompagnate da maestre e professori, già il numero dei partecipanti sicuramente è stato di molto inferiore di quelli previsti. Sintomatica è stata la preparazione via facebook di un evento di pubblicizzazione della giornata tricolore, creato nientemeno che dal Sindaco Filippeschi e dal rettore dell’Università Augello, partecipato solo da quaranta “amici”. Basta leggere i commenti per capire quanto la figura del presidente inizi a rappresentare inutilità sul piano del cambiamento politico, e piuttosto colui che, contro i suoi stessi proclami, si preoccupa di più di avallare tagli e manovre lacrime e sangue. Segno che l’appropriazione dei nuovi media da parte del vecchio potere non corrisponde immediatamente ad un suo allargamento del consenso.
Dalle nove di mattina, sotto il comune di Pisa, decine di giovani precari e disoccupati, studenti e studentesse, abitanti del quartiere popolare Cep, avevano volantinato il comunicato “siamo incazzati”, per denunciare il disprezzo popolare di chi vive in quartieri colpiti da speculazione che cementifica spazi sociali, che vede vertiginosamente aumentare il numero degli sfrattate e degli indebitati, in cui le scuole elementari cadono a pezzi. Una situazione di disagio di cui i colpevoli sono stati identificati proprio in quelle istituzioni che oggi chiamano. Il presidente della repubblica era invitato ad inaugurare il prima dei tanti progetti Piuss, con cui decine e decine di milioni di euro sono spesi per riqualificare il centro cittadino, in funzione di grandi esercizi commerciali e delle solite ditte amiche di cementificazione. “Milioni spesi per il cento vetrina, mentre i quartieri popolari che cadono in rovina”, riassume il senso sociale di rifiuto di continuare a pagare i costi della crisi, nel mentre i “privilegiati” continuano ad ingrassare.
Uno spiegamento di forze di polizia enorme, con tanto di decine di auto blu, reparti celere, e servizi segreti, che hanno bloccato la circolazione. Ciò che invece non si è fermato, è il tam tam di contestazione a Napolitano. Un presidio convocato da diversi soggetti politici universitari e cittadini si è conquistato lo spazio politico e fisico in cui comunicare e contestare l’austerità come orizzonte di vita: slogan, fischi, interventi e striscioni, per ribadire che d’ora in avanti nessuna passeggiata sarà permessa a chi rappresenta il sistema del debito. Una contestazione forte e rumorosa, che si è smarcata qualitativamente dalla manifestazione dello scorso hanno, in cui sempre ad ottobre un corteo di studenti incontrò Napolitano, per chiedere di non approvare la Riforma Gelmini in discussione in parlamento. Adesso, con l’università ridotta ad un cumulo di macerie, con le istituzioni politiche – ad ogni livello – che si palesano nell’asservimento ai diktat delle Banche, ma soprattutto con l’emersione di soggettività che in tutto il mondo iniziano a riprendersi spazi e visibilità, il presidio e la contestazione a Napolitano di oggi segnano uno scarto qualitativo. Alla richiesta dall’alto del potere di accettare ed essere responsabili e coesi, si contrappone una parzialità sociale e politica, di movimento, che non vuole più delegare a nessuna istituzione la propria urgenza di lotta e trasformazione.
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