Crisi di Mercatone Uno: scioperi e presidi in tutta Italia
Una nuova fase della crisi della catena che già negli anni passati aveva decretato la chiusura di alcuni dei punti vendita minori (Borgorose, Capodrise, Capannoli). Adesso in molti negozi sparsi sul territorio è stato dato il via a svendite ribassate che altro non sono che l’anticamera della chiusura. A Navacchio (PI), ad esempio, i 36 lavoratori impiegati nel punto vendita hanno iniziato un presidio e uno sciopero ad oltranza da sabato, quando hanno visto affiggere l’enorme cartellone, 6 metri per 6, “svuota tutto con ribassi fino al 70%”.
La liquidazione gestita con superficialità ed indifferenza da parte della dirigenza ha creato situazioni grottesche in alcuni punti vendita dove alcune cassiere sono dovute ricorrere alle cure mediche, dopo essere state lasciate a lavorare senza condizioni di sicurezza di fronte ad un enorme numero di clienti. In molte altre città sono stati gli stessi lavoratori a dichiarare lo sciopero ad oltranza e disporre la non apertura: di fronte all’ipotesi del licenziamento e all’assenza di qualsiasi garanzia per il futuro, non era accettabile continuare a lavorare per favorire la svendita e la procedura di liquidazione della merce. Dai presidi vengono organizzati volantinaggi, manifestazioni, blocchi del traffico.
“Ci vogliono impiccare e vogliono che siamo noi a costruire la forca!” dicono dai presidi. Nei magazzini le merci migliori erano state fatte preparare ed imballare, con l’indicazione di prepararle per gli sconti. In realtà in molti punti vendita destinati alla chiusura si sono presentati i camion della ditta per svuotare i magazzini e trasferire le merci verso altre destinazioni. Alcuni dei presidi più attivi, come quelli di Tavernerio e Lucca, però, sono riusciti ad improvvisare muri umani per fermare i camion ed impedire lo svuotamento dei magazzini. Altri presidi tengono la guardia alta, presidiando anche i magazzini fin dalla mattina ed in tarda serata, per evitare questa operazione.
“Se riescono a svuotare i magazzini la nostra lotta è finita.”
L’intenzione dichiarata dall’azienda è quello di avviare alla chiusura solo i punti vendita in passivo, ma tra i 34 negozi coinvolti nell’operazione ve ne sono molti che invece presentavano bilanci attivi. E’ ovvio che quello che si prospetta è il fallimento della catena, che comporterebbe ricadute su migliaia di lavoratori. In una situazione tutt’altro che semplice, gli unici dati certi sono l’assoluta mancanza di trasparenza e di volontà di dialogo da parte dell’azienda, interessata solo a salvare i suoi profitti, e la determinazione di moltissimi lavoratori che stanno scegliendo di non accettare con passività e rassegnazione questi licenziamenti.
“Sciopero e partecipo al presidio perché non mi resta niente da perdere. Da tante parti dicono che questa lotta non servirà a nulla, ma se è davvero così perché tutte queste pressioni per farci smettere?”
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