Cuneo: retorica o antifascismo?
Alcuni antifascisti cuneesi ci hanno inoltrato una lettera scritta dal presidente dell’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo, Livio Berardo, pubblicata su “La Stampa” di Cuneo, che insulta il nostro centro sociale, accusandolo di essere simile all’organizzazione neonazista “Casapound”, di propugnare idee politiche “aberranti” e di essere frutto della sottocultura divulgata dalla televisione berlusconiana. A Berardo non è piaciuta la giornata antifascista del 26 febbraio, proprio a Cuneo, quando centinaia di giovani e meno giovani hanno impedito il regolare svolgimento dell’inaugurazione di una nuova sede di Casapound. Gli antifascisti presenti, in massima parte cuneesi, hanno preso atto dell’autorizzazione di fatto data dalla Questura a questo scempio per la città, Medaglia d’Oro alla Resistenza, ed hanno praticato l’unica forma di lotta che l’estrema destra è in grado di comprendere: l’antifascismo militante. A loro va tutta la nostra solidarietà, e ad ogni fascista, ovunque si trovi, la nostra ostilità.
Berardo identifica nel nostro centro sociale l’esempio o la radice dei comportamenti tenuti quel giorno dalle antifasciste e dagli antifascisti. Per noi è un onore, anche se non serve esorcizzare l’antifascismo cuneese trovandogli, impropriamente, una casa torinese. Da quando l’estrema destra ha tentato di mettere nuove radici nel nostro paese, l’unica reazione che ha prodotto risultati è stata quella militante: impedire agibilità fisica e politica a questi gruppi, colpirne le strutture, sensibilizzare la popolazione al problema rappresentato dalla loro esistenza. Affinché l’antifascismo sia effettivo non è sufficiente cullarsi nel narcisismo a buon mercato rappresentato dalla citazione di un paio di poeti in una lettera, o rifilare la solita pappardella sulla democrazia dal palco, magari offendendosi se chi è più giovane ascolta di malavoglia, o sorride di una certa senile sterilità intellettuale. È necessario molto altro, a partire da una comprensione storico-sociale e culturale delle nuove destre (e delle nuove sinistre).
Questo è ciò che manca a molti di coloro che rappresentano istituzioni importanti per l’antifascismo storico (in questo caso l’ISR), e sarebbe inutile nascondercelo. In gran parte tale personale è proveniente dall’ex PCI, oggi PD: un’organizzazione politica che, al di là delle oggettive difficoltà ad ottenere rispetto e non ludibrio dalla popolazione italiana, soprattutto giovane, è espressione storica della morte della sinistra e dell’antifascismo. Altre volte, come nel caso di Berardo, ha virato all’ultimo momento per il carrozzone vendoliano, ma mantenendo lo stile e la forma mentis dei vecchi PCI-DS. Non è stata Askatasuna a sdoganare revisionismi, anche giuridici, riguardo ai morti di Salò, né a intrattenere alleanze o interlocuzioni, a più riprese, con settori parlamentari provenienti da un’eredità fascista, o espressione di un presente xenofobo e a sua volta fascistoide, come la Lega Nord. Arrabbiarsi perché le nuove generazioni non si riconoscono nelle proprie scelte politiche serve a poco, né aiuta assumere verso di esse un atteggiamento di disprezzo, identificando, come al solito, chi non la pensa allo stesso modo come “prodotto di Berlusconi” o, alla vecchia maniera stalinista, con i fascisti stessi. Conviene, invece, farsi qualche domanda sulla propria credibilità.
È triste che una persona così occupi posti di rilievo nell’ISR. A Torino siamo da anni impegnati a far vivere, assieme a parte della cittadinanza, la sezione ANPI “Martinetto”, e sappiamo che il ruolo delle istituzioni antifasciste storiche può essere ancora forte, se fatto vivere dalle nuove generazioni partigiane. Purtroppo decenni di lottizzazione partitica di questi istituti permette a persone mediocri di sputare sentenze su un giornale o dal palco, deprimendo la memoria del sangue partigiano. Ma la memoria di quel sangue è al sicuro, perché a Cuneo come a Torino, e in tutta Europa, ci sono compagne e compagni pronti a fare dell’antifascismo non una retorica, ma una pratica. Anche nel Paese Basco vive lo stesso spirito dell’antifascismo italiano, dove il movimento indipendentista (vittima a sua volta degli insulti di Berardo nella sua lettera) ha pagato un prezzo altissimo nella sua lotta contro il fascismo franchista e, successivamente, contro le persecuzioni e le torture (denunciate anche dalle Nazioni Unite) perpetrate dalla monarchia liberale. Siamo orgogliosi di portare la libertà, anche basca, nel nostro nome.
L’antifascismo è un’impresa non ancora conclusa. Nel 1945 le forze partigiane furono disarmate in nome di una promessa che la sinistra storica, dai cui ranghi provengono gli insulti odierni nei nostri confronti, non ha mantenuto, e che anzi ha tradito. Oggi l’oppressione dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla donna, il razzismo e la guerra, lo sfruttamento sul lavoro e l’assenza di una cultura libera e laica ci impongono di considerare ancora e sempre l’antifascismo una strada maestra. Siamo però consapevoli che far vivere la memoria pulsante del sacrificio partigiano significa anche creare alternative sociali allo sproloquio disonesto e interessato dei tanti Berardo e dei tanti Fassino, figli di una cultura politica fallimentare e regressiva, priva di qualsiasi prospettiva di rivoluzione ed emancipazione. Per questo abbiamo sprecato del tempo a rispondere, e per questo inviamo un saluto antifascista a quella Cuneo partigiana che, il 26 febbraio, ha dimostrato di esserci e di poter produrre quell’alternativa immediatamente, con le sue stesse pratiche e la sua stessa esistenza.
Non un passo indietro – Ora e sempre resistenza
Centro sociale occupato Askatasuna – Torino
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