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Da supplementare è la rappresentanza!

Il 15 e il 16 giugno si terranno le elezioni suppletive di buona parte degli organi rappresentativi del nostro ateneo. Queste elezioni sono il risultato, quanto mai fallimentare, delle dimissioni da questi organi da parte dei rappresentanti della lista Studenti Indipendenti, che hanno abbandonato le loro poltrone per “costringere” il rettore a proclamare nuove elezioni… Il risultato di questa “abile mossa”, incomprensibilmente annunciato come una vittoria, ha portato al rimettere in discussione solo i posti dei SI dimissionari. Il costo di questa “vincente” strategia è di parecchie decine di migliaia di euro che dovranno essere utilizzati  per lo svolgersi delle elezioni, alle quali, come sempre, parteciperanno non più del 15% degli studenti… Elezioni che dovranno peraltro essere indette nuovamente tra meno di un anno perchè gli organi accademici saranno rivoluzionati dall’applicazione della riforma Gelmini nelle università. Che bella trovata per un’università sull’orlo della bancarotta a causa dei tagli del governo Berlusconi! Che fantastica notizia, ben sapendo che i soldi necessari alla sopravvivenza di Unito saranno cercati ed ancora di più “prelevati” dalle tasche studentesche!

“Perchè votare?” è la domanda che sorge spontanea. “Perché i tuoi rappresentanti hanno possibilità di ottenere vittorie importanti” è la risposta che viene data. Di quali vittorie stiamo parlando? Della questione tasse, che malgrado la nuova divisione in fasce, sono aumentate praticamente per tutti e che è stata una vittoria solo per il rettore? Della partecipazione alla Commissione Statuto che sta applicando la riforma Gelmini nel nostro ateneo, rinnegando 2 anni di mobilitazione? O dell’ultimo caso in ordine di tempo, cioè dell’eliminazione di 3 degli 8 appelli per gli studenti di Lettere e Filosofia sotto gli occhi dei rappresentanti degli studenti?

Segue il documento scritto dal Collettivo Universitario Autonomo per ‘L’Orizzonte degli Eventi’, fanzine degli Studenti Indipendenti.

Cos’è ‘per gli autonomi’ la rappresentanza in università

Per la complessità che il nodo rappresentanza presenta, siamo obbligati a zoomare sull’istituzione università, ben sapendo come ciò sia, per forza di cose, parziale e non sufficiente. La rappresentanza dentro il sistema universitario è forse una delle più evidenti indicazioni della politica di controllo e disciplinamento degli studenti operata dall’Ateneo. In che senso? Tentiamo di sintetizzare, per capirci: rappresentanza intesa come primo canale di mediazione nel quale, dall’alto, “si concede qualcosa” agli studenti con la finalità politica della conservazione di privilegi e comandi, per la riproduzione di sistemi di potere arroccati tra le mura accademiche. Questa la ragione per la quale abbiamo sempre pensato che lo schifo dei giochetti di palazzo non possa e debba interessarci, non siamo compatibili con il gioco della finzione, della pacificazione, della rappresentanza. Ma oltre a ciò, abbiamo sempre ritenuto e ne siamo fermamente convinti, che anche qui sia necessario decidere da che parte stare: la nostra voglia d’attivismo è alimentata dal bisogno di organizzarci dentro le assemblee e di vivere i loro applausi e battaglie, dentro le occupazioni e la loro voglia di costruzione e organizzazione di un’università diversa, dentro i cortei e il loro entusiasmo adrenalinico del lottare tutti assieme per cambiare, pretendere, ottenere. Qualcuno potrà ribattere: “Ma il Cua non si pone il problema del potere?!”, sorridendo potremmo rispondere che la questione del potere per chi si pensa rivoluzionario deve essere certo tematizzata, però crediamo che il contesto e la fase ci obblighino a fare i conti con l’urgenza di aggregare e sedimentare una forza antagonista al potere, in università e in città, per costruire spazi politici di contropotere che abbiano la forza, oggi, di contare, di pesare, non solo simbolicamente. Chi pensa che seguendo le vie della correttezza e del buonismo, del moralismo e della pudicizia, si possa diventare protagonisti del cambiamento democratico tramite l’alzata di mano nello schieramento nemico secondo noi non mette a fuoco alcuni problemi: il potere potrà mai consentire che le sue strutture vengano demolite e trasformate perchè il voto democratico l’ha stabilito ed indicato?! la storia non ci insegna forse come ciò non sia mai stato consentito?! Le stesse sfighe italiane ci dimostrano come la rappresentanza resti uno scoglio arduo, si pensi alla catastrofe subita da chi si pensava “di lotta e di governo” (Rifondazione Comunista; dai picchi di Genova 2001 al dissolvimento con Prodi!) e alle angherie di chi oramai è diventata istituzione di potere nonostante la repellenza che possa farci (Lega Nord; dall’istanza di secessione ai bocconi amari che sta ingoiando con il Berlusca!).

Proviamo a rifarci a quanto abbiamo visto e vissuto alle nostre latitudini come studenti. La vitalità del movimento universitario degli ultimi tre anni ci ha dato la possibilità di fare esperienza e di trarne insegnamento. In varie occasioni abbiamo potuto osservare, nostro malgrado, il funzionamento dei meccanismi di governance interni alla questione rappresentanza. Nel luglio 2009, in seguito ai tagli gelminiani della legge 133, il Senato Accademico si apprestava a rivedere in senso nettamente peggiorativo le fasce contributive per le tasse universitarie, prospettiva contro la quale le articolazioni collettive uscenti dal movimento dell’Onda avevano intenzione di combattere. Logica di movimento avrebbe voluto – ‘fare il movimento per il movimento’, il nostro non è solo un risaputo slogan ma un metodo di lotta! – che nell’agenda politica dei collettivi la voce ‘tasse’ diventasse priorità, per fare tutto il possibile per evitare tale adeguamento alla volontà ministeriale. Ma il meccanismo della rappresentanza ha funzionato a dovere: i rappresentanti degli Studenti Indipendenti hanno di fatto impedito, anche dando credito alle promesse dei baroni, che la protesta andasse oltre un semplice presidio, evitando che si bloccasse realmente la seduta del Senato Accademico, del Consiglio di Amministrazione o checchessia, quindi: hanno permesso a rettore e cda di scaricare le conseguenze dei tagli sulle tasche studentesche; hanno ridotto le potenzialità che avremmo potuto sfruttare, ottenendo molta meno visibilità e risonanza di quello che si sarebbe potuto ottenere con qualche ambizione e un pochino di coraggio in più. Quello che abbiamo portato a casa è stato un sostanziale aumento delle tasse, e per quanto ci sia ancora chi non voglia ammetterlo: ci hanno fregato di nuovo! Dallo scoglio del luglio 2009 ne siamo usciti con molte parole e con la promessa del palazzo di valutare una nuova ripartizione delle fasce, che si è tramutata in realtà davanti alla furbizia degli organi accademici, che hanno consentito un contentino ai S.I. con la garanzia e la sicurezza di uscirne con le tasche ancora più piene, non un centesimo il rettore Pelizzetti avrebbe altrimenti mollato! Il monte complessivo degli introiti derivanti dalla tassazione studentesca è esponenzialmente aumentato, altrimenti non sarebbe stato dato nessun via libera per la revisione delle fasce, l’istituzione università non l’avrebbe permesso. Le imprecazioni di chi si è scontrato, quest’anno, contro questa nuova dimensione, a settembre come a marzo, lo testimoniano! Ci dispiace terribilmente farci i conti, per noi ‘università pubblica’ significa innanzitutto che tutti – ricchi o poveri – hanno il diritto di poter studiare, o no?!; ci sarebbe piaciuto che il movimento dell’Onda torinese chiudesse il suo ciclo con una vittoria, che invece puzza tremendamente di sconfitta. Potrebbero essere tanti altri gli esempi, certo è che l’ultimo più clamoroso e arido è quello portato dalla Commissione Statuto, ordinata dalla Gelmini per permettere l’applicazione della riforma in università. Se ottimo è stato lo start, con Pelizzetti obbligato a schierare la polizia per non permetterci di accedere in rettorato, disastrosa è stata la continuazione, con il meccanismo della rappresentanza che ha ripreso a girare e con il rasserenamento dei vertici accademici dinnanzi allo scongiurarsi dei loro incubi, cioè il blocco… Quali risultati ha portato l’internità e la legittimazione alla Commissione?! Possiamo mai accontentarci di avere un poltroncina (senza alcun risultato, se non qualche foto-ricordo) senza avere un peso reale?! Il peso l’hanno sempre dato i movimenti, le lotte e i conflitti, non le mediazioni, le poltrone e le promesse! Quindi, anche questa volta, l’accademia ha tramato contro di noi, vincendo nuovamente: la promessa di elezioni studentesche – come se ciò fosse il problema di chi per tutto l’autunno ha bloccato strade, stazioni ferroviarie e autostrade! – in cambio del sereno via alla Commissione Statuto è stata delusa, la presenza nelle stanze del potere accademico non ha cambiato di una sostanziale virgola il progetto della ristrutturazione gelminiana.

La democratica governance di Unito è questa, bisogna fare i conti con la realtà, coltivare sogni e passioni, ma mettere in soffitta chimere e chiacchere. La rappresentanza e le sue mille piroette necessiterebbero di allargare ed approfondire, fino a giungere con il mettere sotto critica una parola che spesso sentiamo e magari anche usiamo: democrazia, cos’è? dove inizia e dove finisce? come la superiamo quando questa diventa ideologia dogmatica? Lo straordinario movimento che dall’autunno 2008 abbiamo fino a ieri attraversato e vissuto assieme ce l’ha insegnato: il selciato del riformismo è consumato, sgretolato, fallito, quello che abbiamo scritto e gridato è stato “blocchiamo tutto”, senza mediazioni e ripieghi. Ci stanno fregando, quanto vogliamo non ce lo porteranno mai a casa come caritevole regalo se non ce lo andremo a prendere.

Collettivo Universitario Autonomo

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