Dalle parole ai fatti. W i Sanculotti di Arcore!
Una manifestazione che aveva come rivendicazione e parola d’ordine “dimissioni”, pretendendo che Berlusconi lasci la poltrona da premier. Corteo goliardico e ironico contro B. & le sue controversie giudiziarie afferenti agli scandali sessuali (e non solo) che stanno mediaticamente dominando il discorso pubblico. Come già evidenziato dalle viola-grilline-etc passate manifestazioni, seppur con la forza di numeri alti nella partecipazione e di eterogeneità interessanti nella composizione, presente ancora il limite dello essere schiacciati nel giustizialismo che cade nel moralismo, non diversamente, per certi versi, da quanto sentito al Palasharp sabato 5 febbraio a Milano.
Come ha scritto, saccentemente, Francesco Merlo nel suo editoriale per La Repubblica, ad Arcore “non c’erano la forza, l’intelligenza e l’eleganza delle argomentazioni di Umberto Eco al Palasharp di Milano” ma l’indignazione e la rabbia di andare diritti al cuore simbolico dello scontro: un migliaio di manifestanti si è spostato dalla piazza davanti al municipio di Arcore, dove si stava concludendo la sfilata anti-cav, per tentare di giungere sotto la residenza di Berlusconi, villa San Martino!
Come abbiam letto anche in rete: “Sotto casa del rais non una moltitudine ma molta gente sì, molta e diversa, a onor di vertià anzitutto molto viola, grillo etc, ma anche molte persone semplicemente molto incazzate e precari e giovani e giovanissimi, anche dai centri sociali giovani dalla periferia e dalla metropoli. Poi corteo spontaneo contro il divieto e la zona rossa e manganelli per fermare il pericoloso avvicinamento”.
Quindi le cariche dinnanzi al tentativo di sfondamento del blocco delle forze dell’ordine nelle vie laterali che portano a casa B., in serata poi il blocco anche della strada delle stazione, dove si è spostata la contestazione.
Ancora, la cronaca della rete riporta sul blog comese.wordpress.com: “Poche settimane fa si dibatteva sugli scontri di piazza a Roma il 14 dicembre, chiedendosi quanto fossero stati scelti dai partecipanti, quanto imposti dalla forma stessa della manifestazione dove sono avvenuti, ossia “Il Grande Assedio” come dicevano i WuMing, quanto sovradeterminati dai soliti cattivissimi e inafferrabili membri del Black bloc…”.
Quindi manganellate, cariche, spintoni e lanci di oggetti. Due ragazzi arrestati dalla polizia, accusati di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, che saranno processati oggi per direttissima. Sul mainstream tv e cartaceo è andata in onda la solita ramanzina della presa di distanza dalla violenza, della criminalizzazione: “tra i “conculotti” c’erano infatti, embedded, anche quelli che cercavano lo scontro, i professionisti della violenza di piazza” scrive sempre La Repubblica. Gli organizzatori del Popolo Viola si sono dissociati da coloro che hanno partecipato agli scontri, hanno solidarizzato con le forze dell’ordine (!), difendendo e propugnando “lo sventolio delle mutande che come tanti schiaffi di mani cercavano il ceffo di Berlusconi, mutande come metafora di un paese impoverito, un paese ridotto in mutande; mutande significa che devono essere mutate”.
Istanza di cambiamento che, tra le bandiere del Popolo Viola, di qualche tricolore e vessillo di Pd e Idv, trova la sua contradditoria espressione, laddove trasformazione non può che essere pensata ed agita nel fulcro dello scontro politico e sociale da costruire, nell’urto del conflitto e della rabbia capace di incidere, nel perimetro ineludibile del teatro dove il “Basta!” della piazza fa male al potere, quindi sotto i palazzi, sotto “la casa del rais”!
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