#DeliverooExplota: anche i rider spagnoli si (auto)organizzano
Riprendiamo da Chicago86 questo breve articolo sulle mobilitazioni dei rider di Deliveroo in Spagna.
L’articolo rendiconta l’attivazione di percorsi di lotta nel settore delle consegne su ruota anche nella penisola iberica, dopo i precedenti di Italia e la Grecia, di cui abbiamo già parlato in passato.
Ormai sembra potersi distinguere una mobilitazione comune in potenza, per quanto di diversa intensità ed estensività a seconda dei singoli contesti, dei lavoratori della cosiddetta gig-economy, settore in enorme ascesa ama allo stesso attraversato da interessanti percorsi di conflitto.
La transnazionalità delle aziende interessate (Foodora, Deliveroo, JustEAT) è un elemento davvero cruciale nel futuro di queste lotte, che hanno dimostrato di poter incidere in maniera forte su un elemento ormai strutturale delle vite di tutti.
Buona lettura.
Deliveroo è nata a Londra nel 2013 e due anni dopo è sbarcata in Spagna: a Barcellona, Valencia, Madrid e Saragozza. Nel paese sono un migliaio i rider che lavorano per la “food delivery company”, di cui 130 solo nel capoluogo della Catalogna.
Ieri una cinquantina di ciclisti e motociclisti di Deliveroo, organizzati nella piattaforma “Riders X Derechos” (che comprende anche lavoratori di altre aziende della “gig-economy”), hanno protestato contro la precarietà del lavoro davanti alla sede della società a Barcellona, attaccando adesivi sui vetri degli uffici, sventolando bandiere e pubblicizzando le ragioni della lotta a giornalisti, passanti e solidali.
I rider hanno riferito che l’azienda londinese vuole che accettino un nuovo contratto di lavoro che li costringe a lavorare di più con compensazioni solo per gli ordini consegnati. Stufi di questa moderna schiavitù, i corrieri di Barcellona insieme ai loro compagni di lavoro di Madrid rivendicano la garanzia di lavorare almeno 20 ore a settimana e di avere una paga oraria di 8-8,5 euro. Mobilitati dietro lo striscione “Deliveroo nos explota” (Deliveroo ci sfrutta), hanno dichiarato che l’iniziativa del 23 giugno è solo un avvertimento e se l’azienda non prenderà in considerazione le loro richieste il 2 luglio prossimo incroceranno le braccia.
Dal canto suo l’azienda sostiene che il nuovo contratto aumenterà i ricavi dei rider, osservando che il modello lavorativo proposto è destinato a studenti o a coloro che vogliono arrotondare con questa attività la loro principale fonte di reddito. La stessa cosa che diceva Gianluca Cocco, co-direttore di Foodora Italia, al tempo della lotta dei fattorini torinesi ovvero che lavorare per l’azienda sarebbe stata “un’opportunità per chi ama andare in bici, guadagnando anche un piccolo stipendio”.
Anche in Spagna si preannuncia un’estate calda sul fronte dell'”economia dei lavoretti”. I processi di auto-organizzazione dei rider contro la schiavitù 2.0 continuano senza sosta e, da Berlino a Barcellona passando per Londra, si stabiliscono i primi collegamenti internazionali.
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