Due anni dopo l’occupazione di via Marsala
Uno striscione emblematico è stato affisso sulla palazzina sottoposta a sequestro, dalle cui vetrate si possono ancora scorgere i i residui della ludoteca autogestita e della palestar popolare che tanto consnenso avevano raccolto nel quartiere. Sotto accusa, ancora una volta, Pampana, e con lui tutta la rendita immobiliare privata che specula su un bisogno primario, ed il Comune di Pisa.
Le responsabilità dell’amministrazione locale emergono in maniera sempre più evidente con l’accentuarsi della crisi; non solo nel non porre un freno allo strapotere dei palazzinari, ma anche nel compiere essa stessa processi speculativi di privatizzazione, mentre esistono strumenti come quelo dell’autorecupero che permetterebbero quasi immediatamente di assegnare il patrimonio pubblico sfitto alle famiglie bisognose.
Di seguito il volantino distribuito nel quartiere:
A circa due anni di distanza dall’occupazione di via Marsala, avvenuta il 13 marzo 2010, ci sembra necessario fare alcune valutazioni su quella esperienza e sul clima che si vive in città, soprattutto dal punto di vista del diritto alla casa.
La riflessione più immediata, quella che è sotto gli occhi di tutti, è senza dubbio lo stato di degrado a cui Pampana e l’amministrazione comunale hanno condannato il quartiere e la città per due anni (e chissà quanti altri ancora). Questi spazi, che sono stati attraversati e vissuti per tre mesi da otto famiglie, sono stati riconsegnati all’abbandono, proprio come tante altre proprietà degli speculatori immobiliari come Pampana, che agiscono indisturbati visto che il Comune non pone loro un freno.
Dall’altra parte si trovano invece le famiglie che non riescono più ad arrivare a fine mese, che conducono una vita di stenti, attanagliati dai debiti o addirittura dagli ufficiali giudiziari se non riescono più a pagare l’affitto o il mutuo. Se due anni fa la situazione abitativa a Pisa era molto grave, adesso possiamo definirla tragica; la disoccupazione è sempre crescente, il numero di sfratti si è moltiplicato, ed in risposta il Comune sbandiera soluzioni fasulle, come l’agenzia casa.
Le soluzioni reali secondo noi invece esistono, e sono le stesse che proponevamo due anni fa. Da una parte è necessario che il Comune requisisca le case che sono al centro di speculazioni e manovre poco chiare (come le case di via Marsala, sulle quali Pampana per otto anni non ha pagato tasse perchè non le ha registrate al catasto).
Dall’altra parte è necessario che l’amministrazione intervenga anche sulle tante case popolari che al momento sono vuote perchè si dice che non ci siano i soldi per restrutturarle. Esistono strumenti, come quello dell’autorecupero, che permettono di diminuire i costi, assegnando le case immediatamente alle famiglie che sono disposte a completare da sole i lavori di restauro. È con questo approccio che bisognerebbe guardare a tutto il patrimonio pubblico, non solo alle case popolari ma anche alle proprietà in via di privatizzazione (come la Mattonaia) del Comune o degli altri enti pubblici (Università, enti previdenziali…) per combattere la piaga degli sfratti ed ottenere un guadagno per tutta la collettività.
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