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EUROVISION, COME PARARSI IL CULO E LA COSCIENZA È UN VERO SBALLO (VOLONTARIATO, PROFITTO E SFRUTTAMENTO DEL VERDE PUBBLICO)

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“Donne accorrete! È arrivato l’Eurovision!”

C’è il clima delle grandi occasioni a Torino per l’arrivo dell’Eurovision Song Contest, festival canoro televisivo rilanciato in Italia dalla vittoria dei Maneskin nell’ultima edizione. Il giubilo sui quotidiani mainstream è secondo solo a quello dell’intera classe politica sabauda, che fa a gara per intestarsi i meriti dell’arrivo del grande evento che avrà le solite ricadute in fantastilioni sulla città tutta.

Ma sarà davvero così? 

Di Sistema Torino

I COSTI E LE RICADUTE

“A ben guardare, questa somiglia tanto alla classica occasione da non lasciarsi sfuggire” è il sobrio incipit di un articolo de La Stampa, sovrastato da un gigantesco 100 MILIONI (di ricadute) in rosso acceso, giusto per rendere subito chiaro qual è il livello di approfondimento e di distacco che La Busiarda vuole mettere in pratica.

L’investimento della Città si aggira invece intorno ai 10 milioni (sebbene sia facile immaginare un aumento dei costi ex post), andando a gravare su un bilancio che è esso sì in rosso acceso, tanto che Torino è inserita, insieme a Napoli, in un severo piano di rientro che prevede aumenti delle aliquote IRPEF e possibili tagli alle spese pubbliche nel futuro prossimo.

A un certo punto vi è stato anche un problema di reperimento degli sponsor a 50 giorni dell’evento ma poi qualcuno in soccorso è arrivato e la polemica si è chetata.

Ma il vero fulcro del contendere sta nella ricchezza che l’investimento pubblico genererà: 100 milioni che i turisti e gli addetti ai lavori spenderanno in “alberghi e ristoranti pieni, alla faccia della crisi!” (Cit. Berlusconi in questo video d’antan). E, dato che gli alberghi non basteranno, ci penserà la ricettività privata a colmare il gap, con Airbnb e dintorni che registrano un’impennata delle richieste in città, con relativo aumento iperbolico dei prezzi di una camera per la settimana dell’Eurovision.  

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Tralasciando il fatto che la valutazione di quanti soldi “lascia” in città un grande evento appare spesso fumosa, oltre che affidata ad agenzie spesso limitrofe al comitato organizzatore stesso, è più proficuoseguire il denaro e capire in quali tasche andrà a finire. Le grandi catene alberghiere e i multiproprietari immobiliari sono i principali indiziati di arricchimento rapido e indolore, grazie anche al già citato potere di gonfiare a dismisura i costi di pernottamento nei giorni più caldi.

Chi non avesse una seconda casa (o stanza) da affittare, si dovrà accontentare di fare il cameriere per un mese, pulire le stanze degli alberghi a intermittenza o, per i più smart, fare check in – check out per Airbnb, andando alla ricerca degli “sgocciolamenti di ricchezza” verso i poveri della città, tanto per citare la trickle-down economics nata in seno alla destra americana e ora diventata mainstream nella supposta sinistra torinese e nazionale.

Le cronache locali non ci hanno fatto mancare in queste settimane l “articolo denuncia” sulle camere d’albergo a prezzo triplicato: saremmo curiosi di sapere se anche i lavoratori riceveranno un surplus di salario per redistribuire la pioggia di denaro che investirà Torino.

Inutile illudersi a riguardo, visto che non mancano di certo gli studi a dimostrare la precarietà e la scarsa redditività dell’impiego turistico: secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, più del 55% del totale dei lavoratori a chiamata presta attività nella filiera del turismo e della cultura. In questi comparti, solo il 59% dei lavoratori viene assunto a tempo indeterminato (contro l’82% del totale dell’economia). A tutto ciò si aggiungono le basse retribuzioni, l’orario di lavoro ridotto (il 54% di part time contro il 29% del totale) e la dequalificazione professionale (82% di qualifiche “operaie” contro il 53% del totale). Nella nostra Regione, in riferimento all’agglomerato commercio-turismo (di fatto ristoranti e alberghi soprattutto) due contratti su dieci sono a tempo determinato, sette sono precari: aggiungiamo che il 46,7% degli Under29 piemontesi lavora con contratti precari.

Come se non bastasse, ci pensa la prima pagina di Corriere Torino del 4 maggio a calcare la mano:

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NON SI TROVANO CAMERIERI NÉ OPERAI

 

 Il contenuto dell’articolo stesso rende evidente, attraverso i dati, quanto precariato e indeterminatezza venga messa sul mercato del lavoro, ma il maiuscolo al suo interno non lascia scampo a fraintendimenti: “È il mese degli eventi, in Piemonte manca personale: camerieri e operai“.

Il corto-circuito comunicativo risiede nel frame reiterato: il non-detto, il messaggio sottostante che solletica la maggior parte dei lettori del Corriere è che i giovani choosy non hanno voglia di fare sacrifici. Basta pensare all’ improvvida dichiarazione di chef Borghese di pochi giorni fa sui giovani cuochi che non devono essere per forza pagati.

Eppure, una soluzione molto semplice ci sarebbe, ed è quella che propone l’Esimio Prof. Semi dalle colonne di Repubblica: aumentiamo i salari! 

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Se gli industriali pagassero di più i tecnici che vanno cercando, se i ristoratori non spacciassero per giusta retribuzione uno stipendio minimo per 70 ore settimanali, se il Comune intervenisse per calmierare gli affitti, forse avremmo una città più vivibile e più a misura di giovani, come piace dire ai nostri amministratori.

La piramide sociale però non è finita, al fondo ci sono i Lumpenproletariat: questo ottimo approfondimento di NapoliMonitor accende la luce, anzi la fiaccola, su una pratica che per Torino è tradizione olimpica: lo sgombero dei più poveri, dei degradati, delle baracche che stonano con la città che si riempie di aggettivi in inglese per non farsi cogliere impreparata all’ arrivo dell’orda di turisti.

Non si possono vedere camper nelle piazze più grandi della città (sebbene ne stiano spuntando come funghi al Parco Ruffini), non si può insozzare il centro-vetrina con la vista di barboni col cane che chiedono l’elemosina: l’ideologia del degrado colpisce ancora, inesorabile.

 

QUALI RICADUTE PER I VOLONTARI? LE GIACCHETTE!

Eurovision è un evento per molti ma non per tutti, esattamente come successe per il ticketing delle Finali del tennis: la spesa media per un biglietto si aggira sui 200 euro.

E chi non può permetterselo ma non vuole perdersi LA GRANDE OCCASIONE che cosa fa? 

 Semplice, il volontario! 

 

È il consigliere PD Saluzzo, durante una discussione nel Consiglio Comunale di Torino, a suggerire questa opzione ai giovani, arrivando a esaltarne i valori civici, cascando nell’errore di riconoscere il ruolo strutturale del volontariato all’interno dei grandi eventi cittadini. Peccato però che, come sottolineato dalla mozione (bocciata dalla maggioranza PD, con Sinistra Ecologista astenuta) dei consiglieri di minoranza Sganga, Russi e Castiglione, i volontari andrebbero “impiegati solo per attività accessorie e di supporto all’evento e non già ad attività strutturali allo stesso”. 

Mentre andavamo in stampa (scusate non è vero, ma fa molto smart) è scoppiato il bubbone relativo alla mail inviata a chi fa volontariato al Vip Lounge: il buffet non è per voi, cari Signor Nessuno. 

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Per voi ci sono i buoni pasto se “lavorate” (le virgolette sono dovute alla contraddizione del lavoro senza salario) almeno sei ore al giorno. E comunque non pensate di consumare i vostri ticket nei bar riservati ad artisti e operatori: la divisione di classe dev’essere netta e ben visibile.

Per chi lavora senza virgolette non si tratta comunque dell’eldorado, stando alle testimonianze apparse sui social grazie a un post di Valentine Wolf: contratto a tempo determinato per 8 ore al giorno in piedi pagati €5,40 l’ora (compresivi di ferie, TFR e tutte le altre questioni del caso). 

Aldilà degli aspetti specifici e dell’autogoal di mail simili, c’è da chiedersi se non sia svilente l’immagine di una città SO MUCH OF EVERYTHING che non riesce a offrire ai propri giovani null’altro che lavoro gratuito che fa curriculum, corredato da una giacchetta estiva da sfoggiare come prova di esserci stati, di averne preso parte: I WAS THERE!  

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Ricordiamo che siamo la Città Metropolitana con il record di disoccupazione giovanile nel Nord Italia,e che “vanta” il tasso di crescita zero per le startup tra gli Under 35: tutto però passa in secondo piano, c’è la pax eurovisionaria e il tema del lavoro è già dimenticato anche tra i “compagni istituzionali” che hanno sfilato in piazza il primo maggio.

Ma non vi preoccupate troppo: Repubblica ci segnala che spacchiamo sui social, e addirittura la cantante montenegrina ha fatto un sacco di foto al Po pubblicandole su Instagram. Non vi rendete proprio conto, cari rosiconi, di quale cazzodifigata sia Eurovision per Torino?

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PARCO PUBBLICO, VERDE PRIVATO: L’INVASIONE “OFF” DEL VALENTINO

Il Salone del Gusto 2016 inaugurò una pratica che ormai nessun grande evento (vedi Salone dell’Auto), e nessuna Giunta, vuole lasciarsi sfuggire: trasformare il parco del Valentino, il polmone cittadino per antonomasia, in una location privata invasa dai turisti per assistere al concerto dai maxischermi, vedere live agli eventi collaterali e approfittare dello street food. Perché? Beh, stando alle risposte in Aula dell’Assessore ai Grandi Eventi Carretta, c’era la necessità di individuare una zona centrale per la costruzione del Village: il privato chiede, anzi impone, il pubblico risponde senza battere ciglio. Anzi, senza neanche convocare il “Comitato di gestione del Parco Valentino”, e richiedendo un parere troppo tardivo alla “Consulta comunale per l’ambiente e il verde”: tanto ci ha già detto Eurovision cosa fare, perché perdere tempo con i corpi intermedi?

Seguendo la tradizione, l’occupazione del parco stesso è iniziata con parecchi giorni d’anticipo, e non facciamo fatica a immaginarne altrettanti per lo smontaggio delle strutture stesse: quale regolamento permette la “valorizzazione del parco” (come dicono i suoi sostenitori) per un arco di tempo così ampio rispetto ai giorni dell’evento stesso?

A tal proposito, il “regolamento per le modalità di svolgimento di manifestazioni che comportano occupazione di suolo pubblico” è stato modificato nella seduta consiliare del 4 maggio per potersi adattare alle esigenze stringenti attuali. L’ evolutiva consentirà “il rilascio di autorizzazioni temporanee alla somministrazione di alimenti e bevande”: in realtà saranno vietate le bevande alcoliche sopra i 5 gradi, si potrà bere solo birra per la felicità dello sponsor Peroni.

Il vietato diventa legale con un colpo di spugna tre giorni prima dell’inaugurazione, perché nessun regolamento, nessuna norma ventennale può mettersi di traverso alla Torino pirotecnica del PD locale.

SOMMINISTRIFICATION!” urlerebbe il collettivo dei nostri amici che seguono le vicende del food nel tessuto urbano. Aldilà delle battute, e dell’ennesima prova del centro-sinistra che non vuole porre ostacoli, ma anzi stende il tappeto rosso all’avanzata dell’enogastronomico che si mangia ogni aspetto della vita pubblica cittadina, l’aspetto realmente grave è la mancata tutela di un parco dall’alto valore storico e ambientale: dove è finito il green con il quale si colorano i discorsi di organizzatori e amministratori pubblici? 

Estrapolando dalla lettera che i comitati ambientalisti hanno rivolto al Comune,

Il parco del Valentino è ridotto a una cartolina di Torino, senza valutare l’impatto dell’iniziativa sulle aree verdi e gli impianti arborei, con grande afflusso di folla, prevista soprattutto nelle ore notturne

Chi segue con interesse critico gli effetti nefasti dell’economia turistica sul tessuto metropolitano non si sarà certo stupito: la messa a reddito di qualsiasi spazio pubblico non ha risparmiato neanche il verde cittadino, che anzi diventa una suggestiva location per il consumo privato dei cittadini mordi-e-fuggi.

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LA TOURIST-FOODIFICATION DELL’EVENTO: LA CULTURA SI MANGIA!

E dopo Eurovision? Che succederà? Sulla scorta delle ATP FINALS che dureranno 5 anni, si cerca di “dare continuità al Grande Evento”, il nuovo mantra che prova a mascherare il fallimento economico del modello della Torino pirotecnica nata con le Olimpiadi 2006. 

Siamo al limite del grottesco nel leggere le proposte di questi giorni: costruzione di una teleferica che collega il parco pubblico cittadino con la collina torinese, nuove Wine Week, e candidatura a ospitare le Olimpiadi, stavolta estive, del 2036.

 

L’unica, tra queste boutade, che sembra realistica è quella che sta rimbalzando su La Stampa: l “Assessore ombra alla Cultura” Verri (il protagonista di Matera Capitale della Cultura) gioca di sponda con l’Assessore ai Grandi Eventi Mimmo Carretta per tirare fuori il coniglio dal cilindro al momento giusto. 

Per Torino è giunta l’ora di riavere un Festival musicale, magari un bel Traffic! 

Ehi, ma aspettate un momento: non esisteva già? E perché riproporlo adesso?

L’unica logica sottostante sembra essere ancora, sempre e comunque, quella del grande annuncio che tanta gloria reca all’ideatore, e grandi caratteri cubitali porta sulle cronache locali dei giornali in edicola. 

I latori di tale proposta dimenticano però che di festival musicali a Torino ce ne sono già parecchi, e sono anche “diffusi” come sono soliti dire nella loro neolingua fuffosa.

Rimandiamo a questo post di Alessandro Gambo, storico DJ e non solo torinese per una molto divertente e altrettanto competente critica a riguardo. 

Fa sorridere notare come gli esegeti della cultura torinese, della Torino Capitale di tutto, dimostrino una così scarsa conoscenza del territorio che amministrano, per non parlare della pochezza di quanto propongono.

Davvero vogliono farci credere che Eurovision sia un evento culturale, e non l’equivalente delle mostre blockbuster per i nostri musei? 

Davvero qualcuno ha creduto alle ricadute culturali sulla città urlate ai quattro venti da molti “musicisti VIP” torinesi, come se i nostri quartieri si dovessero trasformare in un tappeto di buskers e concerti dal vivo? Gli appelli del sistema culturale torinese sembrano aver partorito il topolino: il risultato finale è una querelle durata 48 ore con i commercianti del centro che hanno richiesto a gran voce deroghe ai regolamenti per poter fare concertini acchiappa-turisti.

 
 

L’ente organizzatore ha redatto invece l’elenco ufficiale degli “Euroclub OFF”, dei luoghi suggeriti per viversi a pieno la cultura e la tradizione della città ospitante.

Sono nomi che certo non risulteranno nuovi a chi segue Foodification, ma non solo: Green Pea di Farinetti, Nuvola Lavazza, Snodo, Eataly (doppietta di Farinetti!), L’Osteria Lanterna per dare un tocco di autenticità regionale, e l’immancabile Mercato Centrale. 

Il mantra economico di un tempo era chiedersi “se con la cultura si mangia”, ragionando in termini di sostenibilità economica degli eventi culturali. 

Oggi possiamo tranquillamente affermare che, anche durante gli eventi cosiddetti culturali, certamente si mangia! 

Spesso, si mangia e basta.

 

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