Granarolo: la Grande Mucca di Bologna attacca la lotta dei facchini
Giovedì 9 Questa mattina i facchini scelgono di spostare la loro protesta ai cancelli della madre del loro sfruttamento. Sono davanti alla Granarolo, che dista meno di 100 mt dal magazzino in cui loro lavorano. Con un’azione comunicativa i facchini denunciano la responsabilità del colosso Granarolo nascosto dietro la lunga catena di appalti e subappalti. Ai passanti e ai dipendenti del colosso caseario viene distribuito un volantino esplicativo dello sciopero, mentre al megafono la lotta continua a raccontarsi. Anche oggi il bianco candore con cui i “Signori del latte” si vorrebbero rappresentare viene smascherato dal rosso della vergogna a cui la lotta dei facchini li costringe.
Mercoledì 8 ore 7.00 I facchini dipendenti del consorzio SGB spostano la protesta all’Interporto, presso la COGEFRIN, l’altra ditta che insieme a Granarolo gode di questo appalto. Qui decidono di bloccare i lavoratori chiamati in sostituzione dei sospesi. La maggiorparte di questi nuovi facchini è stata chiamata senza sapere di dover sostituire altri lavoratori sospesi. la bella notizia è che molti di loro non aspettano di essere bloccati, perchè resisi conto di quello che sta succedendo solidarizzano immediatamente, tan’è che alcuni di loro si uniscono alla protesta. Il blocco continua sino alle ore 11.00 dopodichè, i lavoratori e solidali decidono di spostarsi all’Ipercoop dove vengono vendui molti prodotti Granarolo. Qui viene distribuito il volantino che parla della loro lotta e del 15M, giorno dello sciopero generale.
Lunedi 7 ore 9.00 i facchini si presentano allo stabilimento Ctl in appalto Granarolo e per il terzo giorno si è negato loro di entrare a lavorare. Puniti per lo sciopero. A quel punto si riuniscono in assemblea e decidono di bloccare fino alle 12.00 camion e lavoratori chiamati in loro sostituzione, decidendo per le ore 12.00 di indire una conferenza stampa che spieghi le loro ragioni.
Dopo circa mezz’ora i responsabili della Ctl (vedi video) si rivolgono agli autisti dei camion bloccati( nel video si vede che guidano camion Ctl) dicendogli di non parcheggiare altrove ma di sostare in mezzo alla strada e bloccare il traffico. Lo scopo dell’azienda è quello di addebitare ai lavoratori un blocco del traffico che in quel momento non hanno deciso loro. Accortisi di questa manovra i lavoratori si rivolgono ai camionisti dicendogli di liberare la strada e precisando che non erano loro a bloccarli lì. A questo punto un camionista decide di forzare il blocco e investe il picchetto. Si sente dire da parte dei responsabili al camionista di accellerare e non preoccuparsi. Il picchetto viene travolto e due lavoratori investiti. Dopo nemmeno 5 mn arriva la polizia in assetto antisommossa, evidentemente chiamata dalla Gbs e Ctl già da tempo.
Sono le 11.55. Arrivano i giornalisti e viene fatta la conferenza stampa.
Ore 12.30 i lavoratori si riconvocano in assemblea per decidere come proseguire la lotta. Granarolo a nemmeno 200 metri di distanza vede e tace.
Video del momento in cui un camionista investe due facchini per forzare il blocco. Dopo che i responsabili della Cooperativa hanno cercato di mettere i lavoratori li uni contro gli altri
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Video del dipendente della Cooperativa che va a dire ai camionisti di bloccare la strada.
La Granarolo in merito alla protesta dei facchini non solo declina ogni responsabilità, ma anzi dichiara di essere parte lesa per il danno provocato alla sua immagine. Annuncia inoltre che provvederà al più presto a chiedere ai responsabili della protesta un risarcimento. Ovvero ai quei facchini che lavorano in una catena di subappalti alla base della grande piramide casearia. A quei facchini che non sono nemmeno tutelati dal già misero ccnl del trasporto merci, a quei facchini che vengono convocati a fantomatiche riunioni di soci per firmare (senza avere la possibilità di capire di cosa si tratta) il decurtamento del loro salario del 35% a “causa della Crisi”. Quei facchini che ricevono offerte di “emolumenti” fuori busta per rinunciare alla loro protesta.
A questi lavoratori vessati e sfruttati la Granarolo, simbolo del “made in Italy” tradizionale vorrebbe tappare la bocca minacciandoli dall’alto della piramide.
Come le altri committenti anche la “Grande Mucca” si dissocia dal lavoro per essa svolto, dichiarando che i facchini non sono affatto suoi dipendenti. Coerentemente con il sistema dell’appalto a cooperative terze, quarte, quinte etc i grandi marchi affidano a fornitori esterni, la gestione operativa di una o più funzioni logistiche (approvvigionamento, trasporto, distribuzione finale, stoccaggio materie prime e prodotti finali ecc.). E’ l’outsourcing della logistica che garantisce l’abbattimento dei costi del lavoro per i padroni e avvita le catene ai polsi degli operai aumentando il peso dello sfruttamento.
Granarolo come tutti gli altri è perfettamente a conoscenza di tutto ciò, ma fa finta di non vedere, peculiarità questa del nostrano capitalismo emiliano dedito all’etica delle tavole rotonde con la cgil e dei buffet per le ong, ma nella sostanza sempre pronto a spremere gli operai per trarre maggio profitto. La “Grande Mucca” emiliana produce ad esempio il latte LABAN che arriva nei frigoriferi di mezzo mondo rispettando i dettami della tradizione musulmana in “omaggio” al mercato arabo locale e di esportazione, mentre massacra le schiene e le braccia che permettono tra un magazzino e l’altro al latte LABAN di conquistarsi nuove e lucrose fette di mercato. Queste strategie sono il vanto del presidente Gianpiero Calzolari, presente anche nel consiglio direttivo della LegaCoop, che dal vertice della piramide osserva compiaciuto il lavoro degli schiavi alla base.
Il paradosso è che i padroni della logistica fino ad oggi hanno goduto di una libertà e di un clima di impunità che gli ha permesso di calpestare anche i più elementari diritti dei lavoratori (perlopiù migranti), utilizzandoli addirittura per promuovere l’immagine eticamente progressista dell’azienda!
Ma la task-force dei signori della logistica non aveva previsto “la ribellione degli schiavi”, che non più disposti ad essere sfruttati scioperano compatti, determinati e tra loro solidali.
A Bologna al magazzino Ctl dopo due giorni di sciopero i lavoratori del consorzio SGB forti della lotta decisa con i propri tempi, si sono ripresentati sul posto di lavoro, ma sono stati respinti (illegalmente), puniti per lo sciopero. In maniera del tutto illegittima senza che vi fosse una comunicazione formale, l’azienda non li ha fatti entrare [guarda il video del respingimento ai cancelli]. A questo punto hanno ripreso a bloccare i cancelli e le merci concentrandosi all’Interporto di Bologna dove il consorzio cooperativo SGB ha un altro appalto presso COGEFRIN, altra committente del “fresco”. Negato il loro diritto di lavorare sono andati all’ispettorato del lavoro per denunciare l’accaduto.
Il responsabile del consorzio ha affermato di essere a conoscenza dell’illegittimità del provvedimento e ha sfidato i lavoratori forte dei tempi lunghissimi della giustizia italiana. I facchini sanno perfettamente che questo atteggiamento mira a spaventarli e scoraggiarli ma sono anche convinti che la battaglia per la riconquista della loro dignità non si possa più fermare. Ad Ikea son rimasti tre mesi sotto la neve e i manganelli e hanno vinto. Hanno continuato a lottare alla Tnt, alla Dhl etc vincendo ancora. Chissà che anche la Granarolo, non debba rivedere la propria strategia aziendale, e forse la “Grande Mucca” emiliana già da oggi potrebbe mutare il sorriso beffardo in una smorfia di preoccupazione.
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