Il C.A.A.T di Torino bloccato dai facchini in protesta
– una cronaca della nottata –
Lo sciopero generale del 21 ottobre inizia a mezzanotte e zero uno, a Torino; circa un centinaio di lavoratori e solidali si sono ritrovati davanti al C.A.A.T, il Centro Agro Alimentare Torinese e ne hanno bloccato i cancelli. Obiettivo: creare un danno economico e impedire all’interporto ortofrutticolo di funzionare per questa notte. Il presidio davanti ai cancelli è stato indetto dai SiCobas, che da anni si occupano delle condizioni di lavoro precarie e sfruttate dei più di ottocento facchini che che lavorano all’interno della struttura.
Il 21 ottobre si sciopera in tutta Italia. I lavoratori di tutte le categorie pubbliche e private sono stati chiamati a protestare dai sindacati di base Usb, Unicobas e Usu: sono previste iniziative, manifestazioni e cortei in moltissime città. È uno sciopero generale che anticipa il No Renzi Day che si svolgerà a Roma nella giornata del 22. Uno sciopero che, a detta dei sindacati, chiama a protestare contro le politiche sociali ed economiche del governo Renzi, contro la precarizzazione del mondo del lavoro promossa con il Jobsact, contro la Buona Scuola, la distruzione dello Stato Sociale, la guerra e la riforma costituzionale. Contro la persecuzione dei migranti e l’austerity.
Le scuole e i trasporti saranno probabilmente due dei settori più coinvolti. Ma scenderanno in piazza anche tutti i lavoratori distrutti dalla precarizzazione sempre più forte del lavoro che protestano contro le conseguenze del jobsact.
Al C.A.A.T di Torino – All’interporto del CAAT i lavoratori, supportati da solidali e dal sindacato SiCobas, sono riusciti a bloccare l’ingresso dei commercianti per circa quattro ore e mezza. I furgoni dei commercianti che chiedevano di accedere sono rimasti bloccati dai manifestanti che hanno occupato la strada e rifiutavano di spostarsi. Numerose le discussioni tra commercianti arrabbiati che gridavano di lasciarli passare e i facchini in protesta, che chiedevano di risolvere una volta per tutte la loro precaria e sottopagata situazione lavorativa.
“Abbiamo convocato questo sciopero perché volgiamo cambiare la storia di questo mercato”, dice F. dei Si Cobas. “Sono anni che parliamo e che facciamo tavoli con il comune . Ma la situazione non sta cambiando, anzi peggiora; in due anni questo mercato non è riuscito a controllare le situazioni di illegalità contrattuali che ci sono in tutte le cooperative.”
“Noi siamo qui per chiedere dei contratti dignitosi per TUTTI i lavoratori”. Afferma il sindacalista.“Noi chiediamo un contratto nazionale, quello della logistica. Però questi contratti non vengono rispettati qua dentro. Per questo noi chiediamo che si istituisca una commissione, una commissione fatta da rappresentanti dei lavoratori, che devono avere l’autorità di controllare le buste paga, i contratti, di controllare come pagano queste cooperative. Li dobbiamo controllare.”
Poi conclude: “Ma per fare questo bisogna eliminare la testa del serpente, la cooperativa che fa da capostipite a questa situazione di illegalità e di sfruttamento. Per cui noi diciamo che da questo mercato, “Taruk ((il nome di una delle cooperative) deve restare fuori”!
Il mercato generale ortofrutticolo di Torino
I mercati generali nascono nel 1928, in via Giordano Bruno. Nel 2002 si spostano vicino all’Interporto di Orbassano. Il mercato si estende su una superficie di circa 440.000 mq (120.000 coperti): al suo interno si muovono più di 500 tonnellate di merci, per un giro di c.a. 550 milioni di euro annui. Il terzo mercato ortofrutticolo d’Italia.
Il CAAT è controllato al 92% dal Comune di Torino; è lui che concede le piazzole ai grossisti che poi le appaltano alle varie cooperative l’incarico di caricare e scaricare le merci. I facchini sono l’ultima ruota del carro di questa macchina inarrestabile; facchini che sono considerati “soci”, e non dipendenti, e che passano tutta la notte a muovere cassoni e cassette. Senza contare le decine di immigrati “irregolari” che entrano più o meno di nascosto nella struttura nella speranza di essere assunti per la nottata di lavoro. Non c’è un contratto nazionale, nessuna protezione; più di 800 facchini lavorano al CAAT: eppure non gli sono concesse né ferie né malattie, non esiste una sala medica interna ma soprattutto il lavoro in nero e quello sottopagato è ovunque. Questo chiedono i facchini del CAAT, che protestano nella notte appena cominciata: si chiede un contratto regolare e che corrisponda al loro lavoro per tutti; chiedono giusti livelli retributivi (paga minima di 8 euro); si chiede di lavorare effettivamente 8 ore, e non molte di più come accade attualmente. Più le ferie, la malattia, la fine della concorrenza sleale tra cooperative per pagare meno i lavoratori.
Lacrimogeni e inseguimenti
Verso le 3,30 del mattino, la Digos ha cominciato a intimare i sindacalisti di far spostare la gente dal passaggio, altrimenti l’avrebbero fatto loro con la forza. Dopo una breve consultazione i lavoratori hanno deciso a votazione di restare sulla strada e continuare il blocco sedendosi per terra e resistendo passivamente alle forze dell’ordine, molto numerose sul posto. Carabinieri e polizia si sono schierati davanti ai lavoratori seduti e gli hanno ordinato di alzarsi; senza attendere risposta, hanno gettato dei lacrimogeni obbligando le persone a muoversi e poi le hanno allontanate servendosi degli scudi. Le porte dell’interporto si sono aperte e i camion hanno ricominciato il loro lavoro.
La massa di lavoratori e solidali non si è dispersa ma disordinatamente ha invaso la strada più in su. Le forze dell’ordine sono intervenite di nuovo disperdendo i manifestanti più volte e inseguendoli.
La protesta si è dissolta poi vero le 5 del mattino.
Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.