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Indignarsi non è sufficiente! Nuove proteste al Marachella di Torino

Di fronte alla protesta i dirigenti hanno prima tentato la carta della retorica del ‘siamo tutti sulla stessa barca’ per poi passare a ricatti ed intimidazioni verso una parte dei precari.

Di seguito il report delle ultime giornate diffuso dai lavoratori del Marachella Gruppo:

 

È sufficiente indignarsi quando non ricevi lo stipendio da marzo e luglio è già alle porte?

È sufficiente indignarsi quando un dirigente dice che non riesce a pagarti perchè “vertiamo nella stessa crisi in cui verte mezza Italia, gli esempi di aziende che chiudono e falliscono li avete non potete non rendervi conto che questo è un momento difficile per tutti, noi compresi, io e voi siamo tutti sulla stessa barca”, quando però lui in confronto a te detiene (oltre al call center dove lavori) anche una serie di rinomati alberghi e hotel e prestigiosi ristoranti (il tutto verificabile tramite il sito www.marachellagruppo.it), ed è stato anche sponsor al Collisioni Festival (l’anno in cui figuravano nomi come Bob Dylan, tanto per capirci)?

È sufficiente indignarsi quando continui a ricevere da mesi bugie su bugie?

È sufficiente indignarsi quando vieni incitato a tornare a lavorare con il ricatto che “se non vieni a lavorare l’azienda fallisce e noi abbiamo bisogno di te” quando al minimo segno di sdegno e disappunto nel momento in cui volevi far valere i tuoi diritti ti hanno più volte ricordato in che direzione fosse la porta?

Una parte di noi lavoratori ed ex lavoratori del Marachella Gruppo (call center Torinese) quella porta ha deciso di non oltrepassarla più, se non per far valere i nostri diritti.

Dopo l’assemblea del 25 giugno, ci era stato fornito come termine di versamento delle retribuzioni di marzo il 2 luglio, data in cui alcuni di noi si sono anche riuniti nel cortile della Verdi15 per un’assemblea autogestita, per discutere appunto di linee guida da seguire qualora non fossero state rispettate queste scadenze.

Fatto sta che il 2 luglio i soldi arrivano solo ai dipendenti, nei conti degli ex dipendenti ancora tutto tace.

Spiegazione addotta da un responsabile del Marachella Gruppo: dipende dai giorni di valuta, quando in realtà, ad eccezione della carta di credito, tutti gli altri tipi di addebito avvengono “istantaneamente”: un assegno viene addebitato sul conto dell’intestatario non appena viene presentato all’incasso, così come un bonifico bancario o prelievo di contante (in filiale o al Bancomat) sono subito visibili sull’estratto conto, senza contare che l’assurda coincidenza che solo chi non aveva più un contratto attivo presso l’azienda non avesse ancora ricevuto i propri soldi.

Così il giorno successivo, 3 luglio, verso le 9.30, ci ritroviamo ancora una volta al 185bis di c.so Svizzera, per confrontarci, anche solo per esprimere fra di noi il nostro malcontento e poterci un minimo sfogare fra colleghi ed ex colleghi.

Non passa neanche un’ora, ed ecco scendere due responsabili del Marachella Gruppo, uno dei due esige parlare con chi ha il contratto ancora attivo e chiama con sè senza troppe giustificazioni un gruppo di persone.

Un ragazzo si sta per aggregare ma il responsabile subito lo incalza dicendogli che non poteva partecipare, quando il ragazzo fa notare che avendo il contratto ancora attivo è suo diritto unirsi al gruppo e ascoltare ciò che viene detto gli viene risposto che avendo egli espresso il suo parere sull’azienda sul proprio profilo facebook (frase incriminata “C*** di Marachella, giuro che vi faccio sputare tutti i soldi fino all’ultimo centesimo!!!”) ha perso qualsiasi diritto: fermo restando che nessuno ha scritto cose menzognere sull’azienda e che se il nome del Marachella Gruppo viene infangato è solo grazie alla pessima reputazione che essa stessa si sta costruendo, è inaccettabile che uno sfogo personale venga tirato in ballo come giustificazione alla perdita di diritto di un lavoratore di ascoltare informazioni che lo riguardano. Senza considerare che il diverbio è avvenuto con questo responsabile che si avvicinava con fare aggressivo a tre cm dal viso del ragazzo, fra gli sguardi allibiti di un’altra decina di colleghi e quello della guardia di sicurezza del Piero della Francesca che è intervenuta a sedare la discussione.

Il quadro generale del clima che si respira è molto chiaro: al limite della coercizione, se non fisica sicuramente psicologica, fra repressione, ricatti e bugie.

Il Marachella Gruppo non è nuovo a vicende che l’hanno visto subire ripercussioni dal punto di vista legale, infatti è già dovuto ricorrere a patteggiamenti in passato, non per mancati pagamenti (ci ha pensato quest’anno ad aggiungere questa mancanza alle tante falle in cui si barcamena, giusto per non farsi mancare nulla) ma per contratti, buste paga e versamenti dei contributi non regolari (situazione che tuttora persiste), il tutto rafforzato da metodologie lavorative non in linea con ciò che prevede una normale lavorazione a progetto.

Pertanto non si capisce con che coraggio continuino a portare avanti questo assurdo gioco, e cosa ancora più grave non si capisce come ci siano persone, che ricoprono ruoli d’importanza maggiore rispetto agli operatori telefonici, ma che non stanno ricevendo mensilità esattamente come noi, che sono conniventi con questa situazione.

Qui si potrebbe aprire un discorso molto più ampio sul ruolo dei call center nel precariato, e su questa metodologia lavorativa presa in prestito dal marketing “made in Usa”:  si assumono ragazzi giovani, carne fresca, li si fa sentire importanti dando ad alcuni di loro responsabilità il più delle volte non giustificate dalla capacità degli stessi e soprattutto dalle competenze, così tutti sono felici e contenti e se una persona è motivata e felice si sa questa rende di più.

Quindi il successo per l’azienda è garantito e via ad assumere anche giovani inesperti con l’illusione di facili guadagni con il minimo sforzo, il tutto farcito da motti e coaching motivazionali di dubbio gusto e utilità.

Ma questa è la storia che fa da cornice alla nostra piccola vicenda, che altro non è che un tassello di un mosaico molto più grosso, torniamo a noi.

È sufficiente indignarsi quando si è dovuti ricorrere a proteste di vario genere per riuscire ad ottenere qualcosa? (alla fine i soldi degli ex dipendenti dopo i diverbi avvenuti ieri mattina sono stati versati nella medesima giornata, codadipaglia…).

È sufficiente indignarsi dopo che molti di noi stanno avendo o hanno avuto danni anche seri a causa della mancanza di serietà di chi doveva tutelarci in quanto forza lavoro (c’è chi ha dovuto dar disdetta per la casa, chi è in maternità e non sta ricevendo la copertura necessaria a causa dei contributi non versati, chi ancora non è riuscito a rientrare in scadenze per pagamenti e ha subito delle more, chi è in uno stato di vessazione tale da continuare a recarsi a lavoro per paura di non riuscire più ad ottenere i pochi soldi che gli spettano ecc ecc)?

La prossima scadenza per il versamento del 50% della retribuzione di aprile (sì avete capito bene, solo il 50%) è previsto attorno al 17 luglio, non c’è bisogno di aggiungere ulteriori commenti a riguardo.

L’indignazione a noi non basta più: abbiamo il coltello dalla parte del manico per quanto riguarda il lato legale della faccenda e ci batteremo fino all’ultimo; le proteste continueranno se non altro come forma di sensibilizzazione perchè nessun altro finisca nella nostra stessa trappola e anche per essere da esempio per chi invece verte nella nostra stessa situazione e non sa come muoversi.

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