La parabola della salute in Italia
È un potente monito in difesa del Servizio sanitario nazionale quello che viene dall’ultimo libro di Chiara Giorgi, Salute per tutti. Storia della sanità in Italia dal dopoguerra a oggi (Laterza, 2024).
di Francesco Pallante, da Volere la Luna
Un monito che non si limita al pur fondamentale ambito del diritto alla salute, ma denuncia come l’indebolimento sempre più marcato del servizio sanitario pubblico produca, a cascata, conseguenze negative su «dimensione di partecipazione, solidarietà sociale, responsabilità, fiducia, interesse comune dei servizi pubblici» (p. 283). Perfettamente interpretando l’impostazione costituzionale, l’autrice legge la parabola della salute in Italia come una vicenda esemplare del disegno di emancipazione, insieme personale e collettiva, posto dalle forze politiche antifasciste alla base del patto costituente. In quest’ottica, l’accurata ricostruzione storica delle realizzazioni che hanno condotto dapprima all’affermazione e poi alla crisi della tutela della salute in Italia, avendo per fulcro l’approvazione della legge n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale, si accompagna a una altrettanto attenta disamina delle visioni culturali, dei saperi professionali, delle mobilitazioni sociali, delle conflittualità sindacali e delle convergenze politiche che segnarono il dibattito pubblico in argomento.
Il libro è strutturato in scansioni temporali dedicate ai due primi decenni della storia repubblicana (capitolo 1), agli anni Settanta, Ottanta e Novanta (capitoli 2, 3 e 4), agli anni Duemila (capitolo 5). Ciascun capitolo costituisce un saggio capace di mettere a fuoco il segno politico fondamentale del periodo storico trattato: la mobilitazione intorno alla questione sociale, l’elaborazione di una nozione ampia di salute, la crisi dello Stato sociale, le contraddizioni della “terza via”, il prevalere delle logiche di mercato. Tra i tanti temi esaminati, quello che forse più colpisce il lettore odierno è la ricostruzione della discussione che, in tutte le articolazioni della società, preparò l’intervento legislativo del 1978. Lo scarto con la miopia della politica odierna è disorientante, specie considerato quanto caotico e intricato fosse il sistema di tutela della salute vigente in precedenza, basato su una pletora di mutue a copertura di utenti segmentata e su un disordinato insieme di enti pubblici titolari di competenze frammentate. Aver perso la capacità di compiere interventi di riforma radicale, insieme rivolti all’inclusione sociale e all’emancipazione individuale, e suscettibili di durare nel tempo, è probabilmente quel che oggi impedisce di arrestare il declino dell’Italia e invertire la rotta.
Il libro torna a più riprese sullo strettissimo legame che unisce la mobilitazione sociale e la lotta politica alla conquista della tutela della salute, ricostruendo, oltre al quadro complessivo delle riforme sociali del decennio 1968-1978 (anticipato, nel 1962, dall’intervento sulla scuola media), anche le resistenze che da molteplici settori vennero dapprima nei confronti dell’approvazione della riforma, e poi della sua attuazione. Una posizione di ostilità nei confronti della realizzazione del disegno costituzionale che tornò a farsi sentire, anche a causa dell’evoluzione del clima internazionale in senso neoliberista, negli anni Novanta del secolo scorso, non solo per mano di chi, come i liberali, mai aveva accettato l’idea di un servizio pubblico che potesse fare a meno dei privati, ma, più diffusamente, delle forze politiche di maggioranza, incapaci di garantire alla sanità italiana un finanziamento idoneo a far fronte ai crescenti bisogni di salute della popolazione e paragonabile a quello degli altri Paesi europei (utilissima, in quest’ottica, la prefazione del libro dedicata proprio all’analisi comparata dell’andamento della spesa sanitaria).
La controriforma del 1992 – connotata da aziendalizzazione, regionalizzazione e privatizzazione – segnò la trasformazione della salute in diritto finanziariamente condizionato, innescando una «marcia indietro» (p. 255) che sarà, sì, parzialmente contrastata dai successivi interventi del 1993 e del 1999, ma mai del tutto rimessa in discussione, tanto meno dopo la riforma del Titolo V, il federalismo fiscale, la crisi finanziaria del 2008 e, da ultimo, nonostante il drammatico fallimento delle regioni innanzi al Covid, i progetti di autonomia differenziata.
Il libro si conclude con la messa a fuoco di due urgenti questioni: la ricostruzione di una rete territoriale che consenta di intercettare i bisogni di salute individuali e collettivi e di sviluppare, di conseguenza, risposte complessivamente appropriate; e il rilancio delle politiche di prevenzione, le sole realmente capaci di calare la tutela salute nel contesto sociale. Il problema è che entrambe (rete territoriale e prevenzione), riducendo le occasioni di profitto, risultano incompatibili con l’assetto di mercato oggi dominante.
Più radicalmente, affinché la salute possa tornare a configurarsi come un diritto pienamente garantito ed esigibile, è necessario recuperare piena coscienza che i diritti non sono elargizioni che calano dall’alto, ma conquiste che si ottengono tramite battaglie capaci di coinvolgere la società nel suo complesso. In questo, il libro di Chiara Giorgi si candida a divenire strumento di lotta imprescindibile, grazie alla capacità non soltanto di ricostruire gli avvenimenti del passato, ma anche di delineare un programma per il futuro.
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