La protesta non si ferma a Palermo: ancora blocchi dei lavoratori Almaviva
Di seguito l’articolo di ieri utile alla comprensione degli sviluppi che la vicenda sta assumendo in queste ore
Centro città in tilt: blocchi di migliaia di lavoratori Almaviva
Palermo. In più di 2000 stamattina, i lavoratori Almaviva hanno letteralmente invaso piazza Indipendenza dove ha sede il palazzo dell’Amministrazione regionale per protestare contro i 1670 licenziamenti annunziati dall’azienda proprio ieri. Si chiede alla Regione d’intervenire per salvaguardare il reddito di migliaia di famiglie.
A partire dalle 9,00 infatti, la piazza comincia a riempirsi. Alle 11,00 circa, è già strapiena mentre arrivano notizie di un corteo non autorizzato partito dalla sede di via Marcellini che sta effettuando un blocco stradale in Viale Regione Siciliana (la circonvallazione di Palermo). Anche nella piazza centrale della protesta si effettuano blocchi stradali, bloccando in maniera alternata le vie di accesso alla piazza, centro nevralgico della viabilità nel centro storico. La città è in tilt e macchine in coda si possono notare in tutto il centro storico.
La situazione per i 1670 lavoratori Almaviva si è fatta in questi giorni drammatica. L’azienda che si occupa dell’esternalizzazione dei servizi call center per Telecom, Vodafone, Alitalia, Wind, Enel e Sky, è di fatto la più grande realtà occupazionale in città, con i suoi 3500 lavoratori circa. Ormai da quasi due anni, in cui l’azienda ha fatto largo uso dei “contratti di solidarietà” (che prevedono che un tot di giorni vengano pagati ai lavoratori dall’Inps), lo spettro di un sostanziale ridimensionamento o di definitiva chiusura dei due call center Almaviva si aggirava sull’esito della vertenza. Una vertenza che dopo una serie di iniziative dei lavoratori (soprattutto presidi e azioni di protesta simboliche) sembra lasciare spazio solo a migliaia di licenziamenti di lavoratori con contratto collettivo nazionale a tempo indeterminato. Le motivazioni ufficiali dell”azienda sono le solite: perdite di bilancio che nascondono l’emigrazione della multinazionale verso mercati più redditizi a causa di un minor costo del lavoro (Brasile, paesi balcanici). In realtà sono prima di tutto i lavoratori a sapere quanto l’azienda goda di ottima “salute”, potendo contare su commesse sicure di colossi aziendali (telecom, wind, enel, etc) leader nei loro settori di mercato. Insomma, giusto il tempo d’usufruire dei 60 milioni versati dal Governo nazionale e scappare via.
Stamattina allora, la totalità dei callcenteristi hanno scioperato per l’intera giornata, e in migliaia hanno preteso garanzie occupazionali e di reddito dalla Regione Sicilia, istituzione pubblica che non può permettere che l’azienda lasci senza reddito migliaia di lavoratori per accrescere i suoi proventi.
Assolutamente importante nella giornata, ci sembra la convocazione e la mobilitazione autonoma dei lavoratori, la cui insofferenza e rabbia comincia finalmente a scavalcare (almeno oggi) la mediazione dei sindacati confederali, fino ad adesso insufficiente rispetto alla portata dell’attacco a 1670 lavoratori che potrebbero ritrovarsi dopo 15, 20, e passa anni improvvisamente senza un lavoro. All’uscita da Palazzo D’Orleans della delegazione dei sindacati confederali (maggioritari Cisl e Ugl), venuta ad esporre ai lavoratori l’ennesimo rinvio prendi tempo funzionale a ritardare l’ufficializzazione dei licenziamenti a quando gli animi si saranno calmati, i lavoratori hanno invece preteso a gran voce risposte e garanzie immediate. Un contesto evidentemente ingestibile, quello di quest’oggi, da parte dei sindacati confederali, la cui volontà di normalizzazione è stata battuta dalla rabbia della piazza. Alla volontà di rinviare la questione seduti ad un tavolo, i lavoratori hanno risposto con la pretesa di non abbandonare la piazza e di decidere il da farsi in maniera collettiva, come qualcuno urlava “qui e subito”.
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