Padova – Appello alla solidarietà
I fatti che vengono contestati sono principalmente blocchi di sfratti, cortei non autorizzati, occupazioni di case popolari sfitte e di edifici pubblici abbandonati.
Il tentativo condotto attraverso questo teorema è chiaro: colpire un centro di mobilitazione di massa che sempre più nell’ultimo periodo rappresentava una spina nel fianco dei padroni e degli speculatori della nostra città, in particolar modo Ater e Comune, entrambi responsabili di una politica di svendita e dismissione del patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica. Questo teorema si inserisce in un contesto nazionale di feroce attacco a tutte quelle realtà che portano avanti percorsi di lotta al di fuori della compatibilità istituzionale, con particolare riferimento a chi costruisce pratiche di resistenza dentro e contro la crisi, a chi spinge per l’unità di un fronte di opposizione sociale e a chi tutti i giorni alimenta la possibilità di un riscatto collettivo dando dei punti di riferimento di classe per costruire alternative concrete ai bisogni proletari. Di esempi se ne contano molti in tutto il paese dalla lotta per casa alle lotte degli studenti nelle scuole e nelle università, passando per le mobilitazioni dei facchini e dei territori contro grandi opere e lo Sblocca Italia.
Sulla spinta di una situazione abitativa sempre più critica molte famiglie organizzate con il Comitato di Lotta per la Casa sono riuscite in questi ultimi due anni a portare avanti un percorso importante, esercitando il diritto all’abitare tramite la resistenza agli sfratti e la riappropriazione collettiva di alloggi sfitti con le occupazioni. Un’attività in stretta connessione con un territorio (i quartieri dove eravamo maggiormente impegnati) dove si è sedimentata legittimità nei confronti delle nostre pratiche e sensibilità rispetto alle nostre ragioni. La web radio RadiAzione, voce dei senza voce, da anni megafono per tutte le lotte che da Nord a Sud mettono in discussione lo stato di cose presenti, viene dipinta come il “mezzo di propaganda di attività illecite” proprio dal momento in cui diversi collegamenti telefonici venivano fatti in diretta da picchetti antisfratto, manifestazioni o anche solo perché venivano fatti approfondimenti di denuncia dell’incuria del patrimonio immobiliare pubblico lasciato sfitto. L’Infospazio Chinatown, oggi ancora chiuso, è un pezzo di storia del quartiere dove è presente da quasi vent’anni. Dal 1998 rappresenta un punto di riferimento comunista ed uno dei principali luoghi in città dove si dà spazio all’autorganizzazione proletaria, alla creazione di una solidarietà di quartiere contro le fobie razziste e securitarie, alla ridefinizione di una vita migliore a partire dalla lotta, sempre nel segno dell’antagonismo di classe e del conflitto sociale, mettendo in discussione il sistema capitalista dalle sue fondamenta per un radicale cambiamento sociale. In tanti anni è stato uno spazio di agibilità per compagni, lavoratori e non, dove organizzarsi e promuovere iniziative di solidarietà e contro la repressione. Al suo interno si svolgevano attività di doposcuola per i bambini del quartiere, pranzi popolari e distribuzione gratuita di generi alimentari per le famiglie che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, da qui erano partiti i progetti di sport popolare con la squadra di calcio Asd Quadrato Meticcio e la Boxe Popolare Chinatown, nei suoi locali trovava casa un centro di documentazione con ampio materiale sul movimento comunista internazionale e sempre qui venivano ospitate presentazioni di libri e assemblee di vari collettivi.
Crediamo che quest’ennesima inchiesta abbia il chiaro tentativo di colpire oggi a Padova, ma per meglio reprimere un domani qualsiasi altra realtà in lotta nella propria città o territorio. La portata di questo attacco è vasta e tenta di creare dei precedenti giuridici mettendo al bando semplicemente il fatto che qualcuno si organizzi collettivamente (da qui l’associazione a delinquere) e porti avanti azioni (come ad esempio i picchetti) che al di là del livello di violenza specifica raggiunta se inseriti in un più ampio disegno rappresentano un atto di per sé illegale. L’utilizzo del reato associativo trova la sua utilità nel permettere arresti preventivi, misure cautelari tra le più disparate (divieto di dimora, obbligo di firma…), la possibilità di allargare la presa agli spazi fisici o agli strumenti di contro-informazione, passibili di sequestro, oltre che di estendere il proprio raggio repressivo ad altri collettivi. Infatti le indagini, che rimangono aperte fino a settembre, hanno recentemente incluso nell’inchiesta altri 2 compagni (uno dall’Associazione Nicola Pasian e uno della Mensa Marzolo Occupata) e 2 ex-occupanti, tutti indagati a piede libero. Un altro aspetto da non tralasciare riguardo l’uso del reato associativo è il tentativo di eliminare il valore e il significato politico delle rivendicazioni sociali, trasformando così la lotta in una insieme di più atti extra-legali, snaturandone totalmente il portato, i contenuti, le finalità.
Fino ad oggi la solidarietà è stata molto grande, dai comunicati agli striscioni esposti in diverse città, dai presidi fino al corteo che si è svolto a Padova la settimana dopo gli arresti. Si è manifestata da subito la voglia di reagire a questo attacco, contribuendo in modo significativo alla rimessa in libertà dei compagni ai domiciliari e all’azzeramento delle misure restrittive. Il processo però continua e le spese da affrontare sono ancora molte, facciamo quindi appello a tutte le realtà o ai singoli di estendere il più possibile il dibattito e la solidarietà, partecipando alle diverse scadenze di lotta che non mancheranno e organizzando iniziative benefit assieme agli imputati anche nelle proprie realtà.
Gli imputati
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