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Pisa. Si riaccende lo scontro sulle case popolari

La lotta sul progetto di riqualificazione del quartiere di Sant’Ermete, che prevedeva l’abbattimento dei vecchi blocchi di case per la costruzione di nuove case popolari a norma, con la sottrazione dal bilancio dei finanziamenti per la realizzazione del progetto, è diventata una battaglia contro il progetto di indebitamento con le banche. Le istituzioni locali, l’ente delle case popolari – APES – e l’amministrazione comunale, di concerto con la regione – per portare a termine il progetto ipotizzano infatti di contrarre un mutuo bancario di svariati milioni. Un’operazione speculativa che, mentre i lavori previsti sono ancora fermi, metterebbe tutto il sistema dell’edilizia popolare pisana, sotto il ricatto del debito con un possibile aumento dei canoni e la sottrazione di risorse per le manutenzioni. Tutto questo accade mentre, a quanto pare, in regione, covano l’ipotesi di una nuova legge regionale sull’abitare ancora peggiorativa – con aumento dei canononi e inasprimento dei criteri di accesso alle graduatorie e di decadenza da queste – rispetto alla legge Saccardi approvata poco più di un anno fa.

Dopo la trasferta a Firenze del 7 giugno e l’incontro con l’assessore regionale alla casa Ceccarelli la mobilitazione non si è fermata. E’ proseguita incalzando le autorità locali, incontrando il direttore di APES, Giorgio Federici, e in seguito costringendo l’assessore alla casa Ylenia Zambito a partecipare all’affollatissima assemblea di quartiere – oltre cento partecipanti – che si è tenuta nei piazzali tra le case di via Emilia il 24 giugno, accanto al cantiere fantasma delle vecchie case popolari in via di demolizione. Nonostante il tentativo da parte della Zambito di portare pacificazione all’interno del quartiere e provare a ridare fiducia nelle istituzioni e nelle loro soluzioni, gli abitanti sono rimasti fermi nelle loro richieste: il rispetto delle previsioni del progetto iniziale senza ridimensionamento del numero di alloggi e interamente finanziato con risorse pubbliche, l’esonero dal pagamento dell’affitto fino all’assegnazione delle nuove case e l’inizio dei lavori immediato con la certezza sulla loro copertura economica. La pratica di autoriduzione dell’affitto contro le promesse tradite del piano di riqualificazione ha infatto ormai raggiunto proporzioni significative nel quartiere di Sant’Ermete.

Pochi giorni dopo una tragedia sfiorata ha di nuovo riportato in primo piano le responsabilità politiche di APES e amministrazione comunale nelle politiche abitative e la natura contrapposta degli interessi che le riguardano. Nel quartiere di Gagno la mattina di martedì 28 giugno crolla il soffitto nel bagno di una casa popolare. Solo la fortuna ha voluto che in quel momento non ci fosse nessuno nel bagno. La famiglia di Dominik e Sofia con un bambino di tre anni, a cui era stata assegnata la casa per emergenza abitativa, aveva già segnalato i problemi strutturali dell’abitazione (infiltrazioni d’acqua, muffa, calcinacci pericolanti) all’Apes un anno e mezzo fa insieme al Comitato di quartiere “Riprendiamoci Gagno” ma l’unica soluzione offerta dall’ente gestore è stato l’installamento di un deumidificatore.

Nel pomeriggio la famiglia, accompagnata dal comitato di quartiere, si è recata in comune per parlare con l’assessore Zambito. Ma l’assessore non ha voluto incontrare la famiglia. Al rifiuto di un dialogo, ci sono stati attimi concitati. Di tutta risposta l’assessore ha preso la sua borsa e a testa bassa è uscita dal suo ufficio. La famiglia e i solidali l’hanno seguita perché la situazione era irreale ed assurda: certo sappiamo che le problematiche sociali e il dissenso che nasce da queste non è mai gradito ai politici pisani che preferiscono ogni volta evitare il confronto e posizionare le loro pedine poliziesche di fronte ai portoni comunali. Ma di fronte ad un crollo che poteva rischiare di uccidere qualcuno non si può fare spallucce e limitarsi a scrivere comunicati sui giornali.

In serata, con una vicenda che arrivava sui giornali, sono giunte le ricostruzioni tendenziose dei fatti da parte del presidente di APES Bani e il consueto comunicato prestampato del sindaco Filippeschi contro le violenze e le prevaricazioni dei cittadini nei confronti degli amministratori: un assurdo e paradossale capovolgimento della realtà. All’appello di Filippeschi alla magistratura perché intervenga contro chi vive i disagi delle case popolari – disagi e pericoli che hanno precisi responsabili – si è aggiunto anche il coro di alcune senatrici del partito democratico, Cardinali e Gatti, che hanno invocato la pronta approvazione anche alla camera di un disegno di legge contro le intimidazioni – o sarebbe più corretto parlare di ”contestazioni”? – nei confronti degli amministratori locali.

Il giorno successivo, mercoledì, una decina di appartenenti al comitato di quartiere di Gagno si sono nuovamente recati in comune trovando schierata la celere a sbarrare l’ingresso di Palazzo Gambacorti, confermando una disabitudine a reggere lo scontro e il confronto con le resistenze sociali a un comando e a un’autorità politica mai scontata e, anzi, sempre più delegittimata. . Davanti all’incalzare di legittime domande e interrogazioni nei confronti di livelli sovraordinati del comando sulle risorse e nell’amministrazione di queste si ripete invariabilmente la stessa reazione: sottrazione al confronto, vittimismo, appello alla magistratura. ‘No a metodi prevaricatori’. Ma i rapporti reali sono ben diversi e i soggetti in campo non hanno la stessa forza: la prevaricazione è sì strutturale e quotidiana, ma esercitata da chi governa contro chi subisce decisioni ingiuste. Reagire a questa significa ridiscutere dei rapporti perché quando chi governa si nasconde e punta il dito vuol dire che ha scambiato il proprio ruolo per impunità e privilegio. Sabato, a Sant’Ermete, nel giardino di via Bandi si terrà un’assemblea pubblica su questi temi.

26 giugno, il confronto con l’assessore Zambito sul Ponte di Mezzo

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