Molto spesso, quando tutto sembrava girare per il verso giusto per la  maggioranza, siamo stati tra i pochi a portare un punto di vista  diverso, critico. Consapevoli che il benessere che il sistema stava  accumulando si fondava su principi sbagliati e che ci si sarebbe tornati  indietro.
 Siamo stati tra i primi a denunciare e combattere la globalizzazione  economica e finanziaria. Ci siamo battuti per fermarla e cambiarne la  direzione. Siamo stati chiamati No Global e Black Block, stigmatizzati, manganellati, processati e oggi alcuni di noi sono privati della loro libertà.
Abbiamo agito pratiche di riappropriazione della nostra sovranità, nelle lotte per la difesa dei territori dalla speculazione in città come in valle di Susa, nel movimento contro l’alta velocità. Oggi la bandiera No Tav è vista da tanti in Italia, così come in Europa e nel mondo, come un simbolo di partecipazione reale e orizzontale. Siamo stati processati, gasati e arrestati.
Per questo sappiamo bene che con la rabbia, per quanto giusta, non si  cambia nulla: non serve a nulla attaccare la “casta” politica, se poi  la proposta non è cambiare il sistema politico e soprattutto quello  economico.
 La democrazia in Italia non è altro che uno schermo del potere e del  controllo: il nostro progetto politico nasce dall’autorganizzazione,  dall’azione diretta e dalla partecipazione orizzontale con cui  quotidianamente conduciamo le lotte.
Oggi che la crisi ha messo in ginocchio la nostra città, Torino, e  tutta l’Italia, nei nostri quartieri conduciamo percorsi di solidarietà e  mutuo aiuto che rispondono al bisogno di casa, supporto e speranza  nostro e di molte persone, che altrimenti sarebbero totalmente  abbandonate ai margini dell’attuale sistema fondato su dominio e  sfruttamento. Marginalizzate ed escluse dalla vita politica, private  della dignità e di un futuro. Oggi, nella “crisi”, vediamo la rabbia  crescere e diffondersi oltre a noi, un po’ come sempre abbiamo sperato.  Ragionando sul presente, spesso ci siamo detti che avremmo assistito a  momenti di forte rottura, che la crisi è la terra delle possibilità, ma  anche di rischi e ambiguità.
 In questi giorni in Italia sembra stia montando un’ondata di rabbia e malcontento, veicolata da media come facebook e twitter, e sembra che il 9 dicembre 2013 sia  per molti l’occasione per esprimerla tramite uno sciopero vero, non  come quelli dei sindacati confederali. Guardando a questo fenomeno ne  risaltano subito le contraddizioni; prima fra tutte, non possiamo non  notare che alcuni dei personaggi e sigle che fanno parte dei “referenti” dell’organizzazione sono stati segnalati in stretti rapporti con la feccia del sistema partitocratico, ovvero Forza Nuova.  Ricordiamo che Forza Nuova ha in passato stretto alleanze con Forza  Italia e il Polo delle Libertà e che rappresenta una delle peggiori  organizzazioni fasciste in Italia.
Quella di lunedì sarà una mobilitazione oggettivamente complessa,  dove gli sfruttati si troveranno in piazza con i loro sfruttatori. In  buona parte, infatti, l’iniziativa sarà in mano ai padroncini ed ai  padroni degli autotrasporti, dei mercati, dei magazzini generali. Luoghi  in cui lo sfruttamento in alcuni casi raggiunge il livello della  schiavitù. Non c’è infatti nessuno sciopero generale indetto per i  dipendenti, come invece criminalmente pare far capire il volantino che  circola.
 E’ innegabile però registrare come la “rivoluzione italiana” e la data  del 9 dicembre stiano catalizzando l’attenzione e la rabbia di una buona  fetta di quella che potremmo definire come piccola borghesia. Uno  strato sociale che da alcuni anni soffre di un impoverimento sempre più  evidente e che manifesta da una parte una disaffezione decisa verso le  forme della politica istituzionale, e dall’altra vuole “tirarsi fuori”  dagli schemi identitari ed ideologici che caratterizzano tanto i partiti  alla guida del paese, quanto i movimenti antagonisti.
Una mobilitazione quella del 9 che non va dimenticato si fonda  totalmente sul valore del lavoro inteso come elemento spartiacque tra  chi “produce” e chi è “parassita” oltre che su un  forte sentimento nazional-populista che si palesa in immaginari e  suggestioni (tricolore, la costituzione, il popolo italiano…) piuttosto  che in una esplicita presa di posizione xenofoba, ad esempio rispetto al  soggetto migrante, a cui semplicemente non si fa mai riferimento.
 In questi giorni ci siamo interrogati non senza difficoltà su cosa si  fosse messo in moto rispetto alla giornata di lunedì. Su quali fossero i  meccanismi innescati, i rischi e forse anche le possibilità.
Ma siamo stati anche inconsapevolmente uno dei soggetti che veniva  accreditato come parte integrante della giornata del 9. In tanti ed in  particolare abitanti del quartiere e/o mercatari di C.so Racconigi, in  questi giorni sono passati dal centro sociale o si sono fermati a  chiacchierare con compagn* talvolta chiedendo delucidazioni ed  informazioni, altre semplicemente essendo già certi della partecipazione  del Gabrio.
 Spunti e riflessioni che ci spingono a tener conto che definire “una  mobilitazione dei fasci” la giornata del 9 dicembre sia un po’ troppo  semplicistico rispetto alla composizione reale che pare attraverserà  quella giornata, mentre sui soggetti organizzatori si è già detto molto.
Sia chiaro, ci sembrano ben evidenti ambiguità, contraddizioni, rischi e limiti di una giornata come il 9. Così come appare sempre più chiaro quali siano gli attori che di tanto in tanto provano a cavalcare le ondate di sdegno e rabbia che attraversano il paese (vedi il fascista Marrone, parte attiva della “casta”, che oggi ha confermato l’adesione alla mobilitazione).
Ma d’altra parte non abbiamo mai pensato di poter essere soggetto rappresentativo di un eccedenza generale e generalizzata. Come movimenti crediamo sia nostro compito interrogarci sulle dinamiche già in atto e sugli spunti che arriveranno da quella giornata.
Inoltre mente scriviamo queste righe, ci giungono informazioni certe rispetto le minacce arrivate ad alcuni commercianti in Zona San Paolo. In particolare ci riferiamo ai negozianti di Via Frejus a cui sarebbe stato imposta la non-apertura delle attività commerciali, pegno la distruzione delle vetrine da parte “dei ragazzi del Gabrio”.
 Riteniamo estremamente grave che qualcuno pensi di usare con  disinvoltura lo “spettro” del centro sociale come mezzo di paura e  minaccia. Non è mai stata la nostra modalità politica quella di  voler imporre le mobilitazioni attraverso mezzucci intimidatori che  indubbiamente appartengono a tutt’altre formazioni politiche. Tanto più  che come centro sociale siamo totalmente al di fuori dalla costruzione  di questa giornata che ci vedrà attenti spettatori ma non solo.
Infatti il Gabrio il 9 dicembre ’13 sarà in Piazza, per una lotta che  non ha a che fare con lo “sciopero”. Ci saremo perché da mesi stiamo  lottando perché le persone che nella nostra città occupano una casa per  necessità – donne, uomini e bambini, giovani e meno giovani, italiani e  non -, possano avere riconosciuto il diritto alla residenza, strumento  necessario per ottenere accesso ai diritti minimi per un essere umano.  Salute. Reddito. Formazione. Ci saremo, quindi, dalle 16:30 in piazza palazzo di Città.
 Concreti, con il cuore e la consapevolezza nella lotta come gruppo di  abitanti di Zona San Paolo – precar*, disoccupat*, migrant* – che da  anni si autorganizza e pratica forme di riappropriazione diretta, dal  basso.
da CSOA Gabrio




















