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Sulla “vittoria” alla Electrolux

Si, si sono mantenuti i posti di lavoro, il valore nominale dei salari non è mutato, l’azienda si impegna con un progetto fino al 2017, ma a che costo?

Intensificazione dei ritmi in tre stabilimenti su quattro, nei quali sarà incrementata la produzione dei pezzi prodotti per ora; le pause saranno ridotte in questo modo: per il turno intero si passerà da 70 a 65 minuti, mentre per i turni ridotti di sei ore il riposo ammesso diminuirà da 35 a 30 minuti; taglio consistente sui permessi sindacali: -60%. Si tratta di qualcosa come oltre 20mila ore in meno su circa 40mila. Electrolux ha ottenuto ulteriori benefici (motivo principe della sua firma): il ripristino della norma sulla decontribuzione del 35% a favore delle imprese che ricorrono a contratti di solidarietà invece che ai licenziamenti, a patto che la solidarietà incida minimo per il 20%.

Tutto questo a fronte del permanere dei contratti di solidarietà che continueranno negli stabilimenti di Susegana, Solaro, Porcìa, mentre a Forlì, fino a ottobre si proseguirà con la cassa integrazione straordinaria.

La domanda che ci poniamo però è la seguente: questa la si può considerare una vittoria?

Noi crediamo di no. A differenza di qualche leader che rispolverando vecchi slogan “lavorare tutti lavorare meno” canta vittoria, qui siamo di fronte alle solite logiche di controllo del mondo del lavoro dove si guarda all’immediato, al proprio orticello e non si ha la capacita di lottare con una visione più ampia della lotta, della prospettiva e della progettualità. Ancora una volta si sedano focolai di lotta con finte risoluzioni che alla lunga avranno le gambe corte.

Morale della favola: i padroni continuano ad avere carta bianca a fronte di una conflittualità sempre più ridotta all’interno delle grandi fabbriche e dei posti di lavoro in generale; il governo per un po’ dorme sogni tranquilli e porta a casa un po’ di pubblicità in vista delle prossime elezioni e può permettersi di sventolare l’efficacia del decreto lavoro, i sindacato possono gioire per mantenere il controllo di un gruppo industriale importante mentre i lavoratori, appunto con l’illusoria,  peggiorano le proprie condizioni di lavoro in nome della produttività.

La data dell’11 luglio sarà un altro momento importante di lotta dove poter andare a confluire e ribaltare quelle che sono le parole d’ordine portate avanti dai padroni: produttività, flessibilità, competitività. Una nuova scadenza, un nuovo ulteriore passo delle sollevazioni che stanno caratterizzando il nostro paese, un ulteriore momento di costruzione di lotte con una visione a lunga gittata e di ampio respiro per ribaltare un modello sociale che non ci appartiene.

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