Tiburtino III in piazza: accogliamo.. ma guardate come stamo!
Tiburtino III, storico quartiere operaio del quadrante est di Roma vittima di numerose deportazioni durante il Ventennio, non poteva certo accettare una provocazione così marcata di fascisti e destrodi vari che, come da copione, sfruttano i migranti e il degrado creato dalle amministrazioni nelle periferie per spostare l’attenzione dai veri colpevoli verso le vittime del meccanismo. Polverone, peraltro, alzato verso un centro fino a poco tempo prima gestito da cooperative riconducibili all’estrema destra, perciò prima utilizzato per speculazione economica e dopo per propaganda politica. Il solito copione la cui parte terminale è la scientifica creazione di guerre tra poveri, già ampiamente utilizzato in questa città sia per fini elettorali ed economici che per spezzare legami tra sfruttati potenzialmente pericolosi per il potere costituito.
Uomini, donne e bambini di ogni colore della pelle hanno dunque sfilato per le strade del Tiburtino affermando la disponibilità ad accogliere chi fugge da guerre e povertà, ma contemporaneamente denunciando le reali responsabilità sulle precarie condizioni in cui versa questo come tanti altri territori, la cui quotidianità è fatta di disoccupazione, mancanza di uno spazio di socialità, vendita delle case popolari, scarsa manutenzione dei lotti e degli spazi verdi. Responsabilità più che mai evidenti in questo caso poiché non solo le istituzioni si sono sempre dimostrate sorde alle problematiche del territorio, ma hanno anche innescato da mesi una situazione esplosiva rispetto all’accoglienza e integrazione dei migranti con l’improvviso sgombero, a maggio, della baraccopoli di Ponte Mammolo, cui il trasferimento a via del Frantoio è direttamente collegato. In quell’occasione, dopo aver finito il loro teatrino elettorale, l’Assessorato alle Politiche Sociali, il Municipio e la Prefettura, oltre ad aver lasciato un enorme cumulo di macerie tossiche ancora in attesa di rimozione, hanno iniziato il “balletto” dei migranti, spostati da una parte all’altra della Tiburtina come pacchi postali, tra cui, da ultimo, a Tiburtino III. E proprio in questa occasione si sono resi evidenti tutti i limiti del Pd locale e nazionale, coinvolto a pieno titolo nel business dell’accoglienza e impossibilitato, anche in un territorio che dovrebbe essere teoricamente una sua roccaforte, ad intervenire per sedare le critiche che gli piovono da una parte e dall’altra. Una mancanza, per incapacità o opportunismo, che segna il passo del suo peso nei quartieri popolari romani.
La mobilitazione di ieri costituisce senza dubbio un segnale estremamente positivo, specialmente in una fase così complicata dove razzismo, xenofobia e retorica della paura sono continuamente alimentate da politicanti e media mainstream, in un gioco perverso dove, anziché accusare le iniziative imperialiste dei governi occidentali, si istiga la caccia all’islamico e la chiusura delle frontiere della “Fortezza Europa”.
Il quadrante tiburtino ha dimostrato di essere contrario alle strumentalizzazioni politiche e alle prese in giro dei politicanti, e di essere disponibile a iniziare nuovi percorsi di attivazione dal basso, anche insieme ai migranti, che non solo denuncino le problematiche, ma agiscano direttamente per migliorare le condizioni dei propri quartieri. Nei giorni precedenti l’iniziativa è stato reso di nuovo agibile, con il contributo degli abitanti e dei migranti del Tiburtino, un campo di calcetto da tempo abbandonato al centro del quartiere, subito attraversato da decine di bambini e ragazzi. A dimostrazione che l’iniziativa di ieri è solo la prima di quello che si auspica essere un percorso duraturo di intervento e riqualificazione reale, a Tiburtino III come su tutto l’asse della Tiburtina.
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