Anche la storia qui ricostruita non viene dal caso. Alle sue spalle, la realtà di un quartiere, il Sankt Pauli, cresciuto a ridosso del porto della metropoli anseatica di Amburgo. Un sobborgo popolare, luogo di emarginazione, prostituzione, delinquenza e, assieme, crocevia di culture, etnie, solidarietà e di un tessuto sociale dal basso imbastito nel corso del tempo. A Sankt Pauli, per intenderci, è stato girato il film I Magliari di Francesco Rosi (1959) con Alberto Sordi, sugli immigrati italiani. Scritturati da un club di Sankt Pauli, nello stesso anno, i Beatles facevano la prima esperienza all’estero e gettavano le basi di quella che, eufemisticamente, chiamiamo la loro carriera, nonché della loro immagine. Nel medesimo club, contemporaneamente, il nostro Mino Reitano…
Un’area urbana abituata quindi a confrontarsi con un’umanità varia, con un antirazzismo per forza di cose già iscritto nel dna, quando le pulsioni xenofobe torneranno a farsi sentire, in una Germania altresì, come quella occidentale, che, detto anche qui eufemisticamente, non ha fatto i conti con il proprio passato, nella fattispecie riguardo l’impunità dei gerarchi nazisti. Proprio in Germania, però, si sviluppa negli anni Ottanta un forte movimento antagonista, per l’ambiente, per l’occupazione delle case (da cui trarranno ispirazione i nostri centri sociali) e contro il neofascismo. In seno all’Antifa farà la sua comparsa il Blocco nero. A comporre la colonna sonora, un’affollata scena punk. Questo fermento, assai presente nel quartiere Sankt Pauli, andrà a riversarsi sugli spalti dello stadio locale, tra i tifosi della squadra bianco-marrone, combinazione di colori sociali di per sé alquanto singolare. Gli ultrà prendono come simbolo il Jolly Roger, su cui qui si fa ampia disamina: teschio e ossa incrociate mutuati dal punk, ad affermare la propria indole corsara e ribelle. Il logo, riprodotto nei modi più disparati, farà il giro del mondo, tantoché la squadra del St. Pauli figurerà tra le prime dieci per merchandising, testimoniando la simpatia cresciuta attorno ad un team non propriamente blasonato, che vanta appena qualche comparsata in serie A e qualche memorabile vittoria contro le grandi, ma divenuto ugualmente riferimento morale e politico: un cosiddetto kult club.
Quella dello stadio Millerntor è una curva che vive in simbiosi con la realtà esterna, che si fa esempio affinché questa possa mutare o non degenerare, che si occupa delle varie sfaccettature della vita sociale, come l’educazione al rispetto delle diversità, la prevenzione dell’alcol e delle droghe presso i più giovani e tanto altro. Lo spirito ricorda un po’ quello di certi vagheggiamenti del socialismo utopistico, di alcune forme di organizzazione del tempo libero messe su dal movimento operaio oltre un secolo fa, come i club di vita morale, e delle organizzazioni cooperative e mutualistiche dello stesso periodo per cui, per la prima volta, si usò il termine “resistenza”. Da questa curva sono stati gridati e scritti slogan divenuti celebri come, “Niente gioco del calcio per i fascisti”, “A voce alta contro i nazi” e l’ironico autoreferenziale “Mai più guerre, mai più fascismo, mai più serie C”. Contro il razzismo è stato adottato il motto “Nessun uomo è illegale”, la cui concretizzazione ci porta alla stretta attualità, con un progetto del club che ci riguarda da vicino, vale a dire il Lampedusa in Hamburg, finalizzato ad assistere gli immigrati provenienti dall’isola.
Come si evince da progetti come questo, quella del St. Pauli è una tifoseria che è riuscita ad influenzare e condizionare la dirigenza del club, nel corso degli anni, tantoché i valori di cui si fa promotrice – antifascismo, antirazzismo, antidiscriminazione etc. – sono finiti nello Statuto stesso. Nel calcio moderno, regolato da criteri commerciali e di mero intrattenimento in modo sempre più totalizzante, non è certo impresa facile e quella della mercificazione è stata una deriva che i tifosi si sono trovati a combattere. Una deriva che, in termini urbanistici, è definita gentrification, fenomeno, si esplica in una nota, inerente la riqualificazione dei quartieri popolari attraverso il flusso di capitale privato e l’insediamento della classe media con l’inevitabile snaturamento della fisionomia sociale del posto. Un discorso che si può estendere a tutti gli altri aspetti del vivere. Ebbene, nonostante tutte le avversità, gli ultrà bianco-marroni sono riusciti a conseguire delle vittorie, come nel caso dell’opposizione al progetto Sport-dome che prevedeva la trasformazione dello stadio in una sorta di centro commerciale. In conclusione, come recita una scritta tracciata proprio nei pressi dello stadio: “St. Pauli resta politico!”.
Non rimane quindi altro da fare che immergersi in questa piacevole lettura, adattamento di una Tesi di Laurea magistrale in Consulenza pedagogica, dedicata “A chi lotta e resiste in ogni dove”, ed acquisire una mole smisurata di informazioni sul quartiere di Amburgo, le sue origini e la sua storia sociale e politica, utile anche come ottima guida turistica, fino a toccare approfonditamente gli elementi sportivi ed agonistici. A fare da architrave del tutto, una corposa bibliografia, comprendente anche fanzines e pubblicazioni di movimento, nonché interviste ai protagonisti e materiale audiovisivo.
L’autore, Nicolò Rondinelli di Novara, trentatré anni ancora da compiere, è educatore per minori presso una cooperativa sociale, uno dei fondatori dell’associazione culturale Lucha libri, calciatore e dirigente dell’Asd Csrc Cuore e chitarrista del gruppo punk ’n roll Johnny y los santos. Tutti impegni ed interessi che si riflettono ampiamente in questa pubblicazione, come poche altre didascalica e appassionante insieme.