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Altra tempesta di guerra su Gaza

La chiusura del valico rende palese che il governo militare egiziano non vuole portare avanti nessuna politica di scontro regionale, ma punta ad assumere il ruolo di garante dello status quo nell’area mediorientale. Lo dimostra il ruolo assunto nella tanto famigerata “riconciliazione palestinese” e lo conferma lo stanziamento di 20 mld di dollari decisi nel G8 di Deauville a favore di Egitto e Tunisia. Ovviamente tutto ciò aumenta la morsa nella quale si trova il popolo palestinese e la sua espressione resistenziale, che sembrerebbe dedita ad azioni senza sbocchi. Ma tutte le azioni vanno inserite in un contesto in cui ci sono persone che da decenni, forse per tutta la loro vita, sono sempre vissute sotto un regime colonialista, che uccide, assedia e espropria. Anni di violenza e frustrazione portano a rabbia pronta a sfociare, ad un desidero e un bisogno di autodeterminazione; in Palestina da anni vien portata avanti una guerra, una guerra per la libertà che, dove tutte le articolazioni della resistenza – le azioni culturali, politiche, militari – hanno come obiettivo il raggiungimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese.

Come può la società occidentale credere di essere capace di criticareun popolo che porta avanti la sua resistenza contro un potere che per anni ha cercato di annientarlo? In Palestina da 63 è in atto un conflitto contro la più perniciosa delle articolazioni imperialiste, il sionismo, che prevede annientamento e sterminio come mezzi leciti. Ma i palestinesi hanno dimostrato che sono sempre pronti a combatterepoteri molto più forti di loro e a morire per la libertà, per il diritto al ritorno, e per l’autodeterminazione.

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