Attentato contro i soldati italiani in Libano
«Riesplode» la tensione alle porte del Libano del sud controllato da Hezbollah, sotto tiro degli Stati uniti, in una fase di crisi nel Paese dei Cedri per quanto accade nella confinante Siria Strano agguato terroristico, non rivendicato, contro il contingente italiano Unifil.
È uno strano attentato quello che ieri a Sidone ha preso di mira il personale del Comando logistico del contingente italiano nell’Unifil, i 13 mila caschi blu dell’Onu che dal 2006 vigilano sulla tregua tra Libano e Israele. Un attacco misterioso, che fino a ieri sera nessuno aveva rivendicato, avvenuto alle porte del Libano del sud (controllato dal movimento Hezbollah), in una fase in cui cresce la tensione nel Paese dei Cedri per quanto accade nella confinante Siria mentre ancora riecheggiano le parole del Segretario americano alla Difesa Robert Gates che ha accusato la guerriglia sciita di possedere armi chimiche e missili con una gittata di 65 miglia, in grado di minacciare persino le navi da guerra statunitensi.
In serata sono state ridimensionate le conseguenze dell’esplosione dell’ordigno, poi risultato rudimentale, che ieri pomeriggio ha colpito la jeep italiana, ad un km da Sidone, vicino allo stadio e a poche centinaia di metri da un posto di blocco delle Forze Armate libanesi. All’inizio si era parlato di uno-due morti e di quattro feriti ma successivamente il generale Massimo Fogari, portavoce del ministero della Difesa, ha riferito che il bilancio dell’esplosione è stato di sei feriti, di cui due in condizioni gravi. I medici libanesi hanno poi comunicato che anche il militare italiano che aveva riportato le ferite più serie era «fuori pericolo» e che gli altri cinque hanno riportato ferite non gravi. Solo pochi giorni fa c’era stato il passaggio di consegne fra la Brigata di cavalleria «Pozzuolo del Friuli», tornata in Italia, e la Brigata meccanizzata «Aosta» che si è dispiegata nella zona di competenza in Libano del sud. In questi cinque anni di partecipazione al contigente Unifil – che vigila sulla tregua seguita alla guerra tra le truppe israeliane e Hezbollah combattuta in Libano del sud nell’estate del 2006 – non ci sono state perdite tra i soldati italiani. L’unico precedente di nostri militari morti in Libano risale al 6 agosto 1997. Durante un volo di addestramento un elicottero AB205 precipitò al suolo, provocando la morte di quattro tra soldati e carabinieri.
Alle condanne per l’accaduto giunte dal governo Berlusconi e da varie personalità politiche e istituzionali italiane – il leghista Calderoli ha chiesto il ritiro dei soldati italiani e il ministro degli esteri Frattini da parte sua conferma un «disimpegno» graduale della missione Leonte (1.780 soldati) – si sono aggiunte quelle Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha sottolineato che si è trattato di un attentato «ancora più deplorevole» perchè compiuto nella Giornata internazionale delle Forze di Pace che si è svolta al Palazzo di Vetro e, in Libano, al quartier generale dell’Unifil a Naqoura per ricordare i caschi blu morti in servizio.
Sulla stessa strada dove ieri è avvenuto l’attacco contro il convoglio italiano, già nel 2008 un ordigno era esploso provocando il ferimento lieve di due militari irlandesi. Allora si parlò di un attentato di un gruppo qaedista e si fece riferimento a Fatah al Islam, la formazione armata protagonista nel 2007 degli scontri a nord di Tripoli con l’esercito libanese costato la vita a centinaia di persone oltre alla distruzione del campo profughi palestinese di Nahr al Bared. Fatah al Islam venne chiamato in causa perché, secondo il ministero dell’interno libanese, nel gigno 2007 aveva colpito un convoglio dell’Unifil nel Libano del sud uccidendo tre militari spagnoli e tre colombiani. Il gruppo qaedista sarebbe stato responsabile di diversi attentati in Libano, in precedenza frettolosamente attribuiti ai servizi segreti siriani, tra i quali quello del 13 febbraio ai minibus di pendolari nel villaggio cristiano di Ain Alak che causò la morte di tre persone e il ferimento di altre 22.
Molti dubitano che Fatah al Islam esista ancora e che sia operativo in Libano. È certo però che a Sidone e, soprattutto, a Tripoli, non mancano leader e militanti salafiti che si ispirano al qaedismo e che apertamente o a mezza bocca negli anni passati hanno definito il contigente dell’Unifil un obiettivo «legittimo». Una lettura ben diversa dell’attentato di ieri a Sidone contro i soldati italiani viene data dai libanesi anti-siriani secondo i quali l’attacco sarebbe stato realizzato da agenti al servizio di Damasco per «avvertire» l’Occidente che la Siria reagirà provocando instabilità e caos alle sanzioni nei suoi confronti decise di recente da Usa e Europa.
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