Bin Laden: la verità di un assassinio?
Il libro si intitola “No easy day” ed è stato scritto dal 36enne Matt Bissonnette, fino a pochi mesi fa membro della squadra di élite della Marina “SEAL Team 6”. Sotto lo pseudonimo di Mark Owen, l’autore sostiene che i soldati americani che hanno fatto irruzione nell’abitazione di Abbottabad, in Pakistan, hanno sparato al fondatore di Al-Qaeda non appena quest’ultimo si è affacciato alla porta della sua camera da letto, situata al piano superiore dell’edificio.
Bissonnette afferma di essere stato tra i primi ad entrare nella stanza dopo il fuoco e di aver visto un agonizzante bin Laden ai piedi del letto, con “sangue e materia cerebrale che fuoriuscivano da un lato del cranio” e due donne in lacrime al suo fianco. Lo stesso autore del libro e un secondo soldato avrebbero poi finito il bersaglio della loro incursione con un’altra serie di colpi al petto.
A conferma di come bin Laden sia stato ucciso non appena individuato, anche se non rappresentava un’autentica minaccia per le forze speciali USA, solo successivamente nella sua stanza sono state rinvenute due armi, peraltro scariche: un AK-47 (Kalashnikov) e una pistola Makarov.
Questa ricostruzione, se confermata, risulta in netta contraddizione con quella offerta dopo i fatti dal Pentagono e dalla Casa Bianca, da dove il blitz che ha portato alla morte del terrorista più ricercato del pianeta è stato da subito utilizzato come un’arma di propaganda a beneficio del presidente. La versione ufficiale raccontava di un bin Laden inseguito fin dentro la sua camera da letto, nonché impegnato in una strenua resistenza e perciò necessariamente abbattuto mentre impugnava un’arma da fuoco. Inoltre, i membri del commando temevano che avesse potuto indossare un giubbotto esplosivo.
Per Bissonnette, invece, bin Laden “non era pronto a difendersi e non aveva intenzione di combattere”, poiché era chiaramente disarmato. Nonostante la propaganda del governo, la ricostruzione degli eventi contenuta nel libro “No easy day” conferma dunque quanto era apparso chiaro fin dall’inizio e cioè che la missione ordinata da Obama il 2 maggio 2011 aveva come scopo unico l’eliminazione sommaria dell’obiettivo, anche se disarmato e inoffensivo.
Nel suo libro, l’ex Navy SEAL sostiene in ogni caso che il Dipartimento della Difesa aveva inviato un proprio legale per comunicare ai membri della squadra speciale che la loro non era un’operazione destinata ad assassinare bin Laden, anche se, sostiene Bissonnette, lo stesso inviato del Pentagono disse loro che avrebbero dovuto astenersi dal colpire il terrorista solo se si fosse offerto per arrendersi “nudo e con le braccia alzate”.
Che l’establishment politico e militare americano non desiderasse ritrovarsi per le mani un detenuto come Osama bin Laden è d’altra parte più che verosimile, dal momento che avrebbe teoricamente potuto rivelare verità scomode sulla nascita di Al-Qaeda o fare luce su elementi ancora oscuri attorno agli attentati dell’11 settembre.
Il libro “No easy day” avrebbe dovuto debuttare nelle librerie d’oltreoceano proprio in occasione dell’undicesimo anniversario degli attacchi al World Trade Center ma, in seguito alle polemiche suscitate e all’enorme attenzione mediatica, l’editore Penguin ha deciso di anticiparne l’uscita di una settimana. Come previsto, il volume è andato a ruba ed è subito schizzato in vetta alla classifica dei best-seller di Amazon.
Secondo quanto contenuto in un e-book ugualmente pubblicato in questi giorni e scritto da un altro ex membro dei Navy SEAL, Matt Bissonnette avrebbe rotto il “codice del silenzio” sulle operazioni speciali perché messo fuori dal team dopo che lo scorso anno aveva espresso il desiderio di abbandonare la divisa per avviare un’attività in proprio.
Se pure l’autore doveva essere consapevole del fatto che il suo lavoro avrebbe scatenato polemiche, il racconto non rivela alcun ripensamento sul suo recente passato. Il suo libro descrive infatti con ammirazione la violenza indiscriminata con cui è stato condotto il blitz in territorio pakistano, senza che emergano dubbi sulla legalità o la moralità dell’operazione, né tantomeno sulla funzione stessa delle forze speciali di cui ha fatto parte.
Da parte loro, il Pentagono e la Casa Bianca non hanno rilasciato commenti sul contenuto del libro ma si sono limitati ad esprimere ancora una volta l’elogio per i SEAL che hanno portato a termine la missione. Il presidente Obama, d’altra parte, non sembra intenzionato ad entrare in una polemica sulla morte di bin Laden proprio mentre la sta usando in campagna elettorale per promuovere le sue credenziali in materia di anti-terrorismo.
Confermando la propria linea di condotta quando costretta a fronteggiare le rivelazioni di ex militari o membri di agenzie governative, l’amministrazione Obama non è entrata nel merito delle accuse di aver manipolato la ricostruzione del blitz contro bin Laden ma ha fatto sapere che il Dipartimento della Difesa sta valutando l’opportunità di aprire un’azione legale contro Bissonnette, il quale avrebbe dovuto sottoporre il suo manoscritto al Pentagono prima della pubblicazione.
Già la settimana scorsa, il capo dell’ufficio legale del Pentagono, Jeh Johnson, aveva sostenuto che l’autore del volume aveva violato l’accordo di segretezza firmato nell’aprile di quest’anno, quando ha lasciato definitivamente la Marina americana. Qualche giorno fa, infine, i vertici militari hanno affermato che il libro contiene effettivamente informazioni riservate e, secondo il comandante delle forze speciali della Marina, ammiraglio Sean Pybus, alcuni passaggi potrebbero fornire ai nemici degli Stati Uniti dettagli cruciali sulle operazioni segrete, condotte peraltro senza alcun rispetto dei più fondamentali principi del diritto internazionale.
In definitiva, come è accaduto ad esempio in occasione della rivelazione dei vari documenti classificati pubblicati da WikiLeaks, l’amministrazione Obama non intende discutere pubblicamente le proprie responsabilità nell’aver nascosto la verità sull’operazione che ha portato alla morte di bin Laden in Pakistan o come vengono organizzate missioni segrete e illegali in ogni angolo del pianeta. La preoccupazione principale è piuttosto quella di perseguire coloro che hanno rivelato tali informazioni, così da lanciare un chiaro avvertimento a quanti, in futuro, proveranno a smascherare i crimini dell’imperialismo americano.
da Altrenotizie
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