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Brucia l’incendio della crisi

E questo perché gli Stati non hanno più cartucce: sono state sparate per cercare di sopravvivere alla crisi passata. Si è trattato di aiuti giganteschi al sistema finanziario per non farlo crollare. Operazione riuscita, ma le casse sono state svuotate. Di più: l’economia reale degli aiuti stanziati ha ricevuto solo le briciole. Il risultato è stata una gigantesca redistribuzione dei redditi che ha peggiorato la situazione economica e le prospettive di decine di milioni di persone. Alle quali, ora, viene chiesto di pagare il conto.

Nei guai sono quasi la metà dei paesi dell’euro; nei guai è Obama che dovrà tagliare la spesa sociale. Nei guai, se l’economia globale ricadrà in recessione o rallenterà corposamente, finiranno anche la Germania e la Cina che, come il Giappone, vedranno le esportazioni crollare. Larga parte della popolazione mondiale starà ancora peggio e vedrà i ricchi arricchirsi sempre di più, perché l’attuale tendenza delle politiche economiche mondiali è fortemente classista.

Basta guardare ai provvedimenti programmati e presentati – senza vergogna – alle parti sociali dal governo Berlusconi. Ma anche alla politica degli Stati uniti, della Bce e a quella dell’Unione europea e monetaria. Stiamo parlando di un modello unico di società nella quale alla flessibilità del lavoro si cerca di accompagnare uno Stato sottile, perché al profitto devono essere lasciate praterie immense. E si vuole privatizzare soprattutto dove il pubblico va bene. Ieri Mediobanca ci ha detto che i profitti delle imprese pubbliche nel 2010 sono andati a gonfie vele, mentre i privati arrancano. Una buona occasione – con l’alibi del debito pubblico – per privatizzare.

La stessa indagine di Mediobanca – a proposito dell’incapacità dell’imprenditoria italiana – afferma che gli investimenti italiani all’estero si rivolgono a paesi a basso costo del lavoro per produrre merci a basso valore aggiunto destinate ai paesi emergenti e non a quelli industrializzati. Come possano i sindacati allearsi con questi «padroni» non è dato capire. «Per il bene dell’Italia», dicono in molti. Forse, ma non per il bene degli italiani.

Commento di Galapagos su Il Manifesto

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