Caso Regeni. Alfano “Al Sisi interlocutore appassionato alla ricerca della verità”
Dopo mesi di silenzio il Presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi torna a fare dichiarazioni sul caso Regeni, nel chiaro obiettivo di garantire gli interessi economici derivanti dagli investimenti esteri nell’economia del paese. Suscitando le reazione entusiaste delle autorità italiane che hanno voglia di dimenticare in fretta la storia del giovane ricercatore friulano.
Nel suo discorso Al-Sisi non accenna di striscio alla totale responsabilità dell’apparato repressivo del suo regime nell’uccisione di Regeni ma anzi, seguendo una linea, ripresa e rilanciata anche dai nostri media mesi fa, sostiene che tale crimine sia stato controproducente per il paese dal momento che avrebbe messo a rischio accordi commerciali che si stavano concludendo nei giorni dell’assassinio di Giulio proprio con imprenditori italiani.
Il generale nelle sue dichiarazioni insiste sul fatto che il suo esecutivo voglia rapidamente risolvere la questione, che continua infatti a rappresentare un ostacolo, di fatto solo formale, nella dialettica economica tra Egitto e Italia. Nel suo discorso Al Sisi sottolinea anche che l’esecutivo italiano è anch’esso compartecipe della situazione che si è venuta a creare, dal momento che l’Italia è stato il primo paese a sostenere il suo governo, instauratosi con il golpe del luglio 2013, specificando inoltre come il primo invito ufficiale a visitare un paese europeo sia venuto proprio dell’ex-premier Matteo Renzi.
Alle dichiarazioni di Al Sisi sono seguite chiaramente quelle dell’esecutivo italiano, il cui contenuto non può che lasciare per l’ennesima volta esterrefatti. Il ministro degli esteri, Angelino Alfano, si è detto convinto che “il presidente egiziano Abdel Fatah al Sisi sia un interlocutore appassionato nella ricerca della verità” aggiungendo poi “Confidiamo che le parole di al Sisi spingano ancora di più l’apparato egiziano nella ricerca della verità”; già, proprio furbo confidare nello stesso apparato che infiltra informatori tra la popolazione e che abitualmente sequestra e uccide i dissidenti politici, ma del resto in nome di investimenti e profitti tutto è lecito.
Per i famigliari di Regeni oltre al danno c’è quindi pure la beffa; le indagini sull’uccisione di Giulio non hanno mai visto, ovviamente, le istituzioni egiziane collaborare anzi, l’11 settembre scorso uno degli avvocati del-legal-team era stato fermato dalle autorità, impedendogli di tornare in Europa. Da parte della nostra magistratura c’è un atteggiamento abbastanza simile nel quale si perseguono piste di indagine piuttosto ridicolo come quella balzata alla cronaca la scorsa settimana sulla professoressa di Cambridge, pur di non ammettere ciò che tutti sanno.
Ma in fondo a chi interessano ipocrisie come questa? Giornali come Repubblica, di fronte alle grottesche dichiarazioni del Presidente egiziano e all’imbarazzante claque delle massime autorità italianem non dicono granché.
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