Marò: ingiustizia è stata fatta
Il caso Marò fa parlare ancora giornali e telegiornali, dopo 8 anni dall’omicidio dei due pescatori il tribunale dell’AJA decide che i due militari italiani debbano essere giudicati in Italia, da un tribunale Italiano per l’omicidio dei pescatori in acque indiane.
I giudici internazionali riconoscono “l’immunità funzionale” dei fucilieri di Marina per l’incidente: all’India viene quindi precluso l’esercizio della propria giurisdizione, certificando che i due militari erano funzionari dello Stato italiano, impegnati nell’esercizio delle loro funzioni.
Ma sempre secondo il Tribunale arbitrale, “l’Italia ha violato la libertà di navigazione e dovrà pertanto compensare l’India per la perdita di vite umane, i danni fisici, il danno materiale all’imbarcazione e il danno morale sofferto dal comandante e altri membri dell’equipaggio del peschereccio indiano Saint Anthony”, a bordo del quale morirono i due pescatori. Un comunicato della Farnesina aggiunge che “al riguardo, il Tribunale ha invitato le due parti a raggiungere un accordo attraverso contatti diretti”, e la Farnesina precisa “l’Italia è pronta ad adempiere a quanto stabilito dal Tribunale arbitrale, con spirito di collaborazione”. Di fatto ammettendo la colpa dell’incidente e preparandosi a versare i risarcimenti. Sdoganando quindi un dato di fatto la legittimità dell’omicidio di dipendenti dello stato.
Latorre e Girone erano stati arrestati quando la nave Lexie era stata fatta entrare in porto in India, trascorrendo un breve periodo di detenzione in India, di fatto agli arresti domiciliari. I due sottufficiali di Marina erano poi rientrati in Italia tra il 2014 e il 2016.
Il Tribunale però ha rilevato anche che “l’Italia ha violato la libertà di navigazione sancita dagli articoli 87 e 90 della Convenzione delle Onu sul Diritto del Mare, e dovrà compensare l’India per la perdita di vite umane, i danni fisici, il danno materiale all’imbarcazione e il danno morale sofferto dal comandante e altri membri dell’equipaggio del peschereccio indiano “Saint Anthony”. Il che di fatto riconosce all’Italia la responsabilità dell’incidente.
Lo scrive in un post su Facebook Luigi Di Maio:
“La tesi dell’Italia, dopo anni di lunghe battaglie, ha prevalso. I nostri due militari, funzionari dello Stato italiano, impegnati nell’esercizio delle loro funzioni sono immuni dalla giustizia straniera”, a commento della decisione del Tribunale arbitrale dell’Aja. “Oggi – conclude – si mette un punto definitivo a una lunga agonia”. Ma proprio Luigi Di Maio che assieme ai 5 stelle gridano a gran voce “giustizia giustizia” oggi si vantano di proteggere degli omicidi, in nome di quale giustizia?
La giustizia pilotata e di comodo, quella giustizia che, come vediamo da anni, schiaccia i deboli e aiuta i potenti, una giustizia debole, incapace di far emergere la verità, schiava dell’opinione pubblica.
Anche Conte interviene sulla vicenda Marò, quasi soddisfatto di aver portato a casa l’immunità funzionale.
Mentre i due si compiacciono, sulla vicenda di Giulio Regeni e di Patrick Zaki la real politik prevale. Perchè i rapporti commerciali con l’Egitto sono più importanti per il governo della verità sulla morte di Giulio e della liberazione di Patrick. Perchè per quanto riguarda i Marò si tratta di riaffermare la supremazia occidentale, di garantire impunità a un corpo militare, mentre una vera rottura con l’Egitto su Regeni e Zaki vorrebbe dire denunciare a tutti gli effetti il regime egiziano e mettere a rischio gli affari di tanti imprenditori che concorrono a creare le condizioni di sfruttamento dei lavoratori di quel paese.
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