Cisgiordania: dopo i raid, ora Israele cambia tattica
Il numero di vittime palestinesi (cinque finora) e il timore che gli scontri in Cisgiordania aumentino durante il Ramadan, oltre alla soddisfazione di aver arrestato quasi tutti i membri di Hamas presenti sulla lista del ministero della Difesa e dello Shin Bet hanno portato i vertici della difesa a pensare a una nuova tattica. Sono circa 400 i palestinesi arrestati nell’ultima settimana, 300 dei quali sarebbero esponenti di Hamas: tra loro ci sono anche 50 ex detenuti liberati nello scambio con Gilad Shalit, per i quali Tel Aviv sta valutando il proseguimento della pena inflitta anni fa e interrotta con lo scambio.
Di questi 400, stando a quanto rivelato dal quotidiano Haaretz, circa 200 andranno a rimpinguare le celle israeliane della detenzione amministrativa, già a quota 200 – di cui 80 in sciopero della fame da due mesi – per formare il numero più alto di detenuti politici senza processo dal 2009. La corte militare nella prigione di Ofer, dove le autorità israeliane stanno cominciando a trasferire una parte dei detenuti, sta spiccando ordini di detenzione amministrativa per la metà degli arrestati durante l’operazione israeliana in Cisgiordania.
Inoltre, secondo gli avvocati difensori dei prigionieri, solo 30 tra gli arrestati sarebbero stati interrogati intensivamente a riguardo del presunto rapimento dei tre coloni israeliani, scomparsi mentre facevano l’autostop nel blocco colonico illegale di Gush Etzion, in piena area C dei territori occupati sotto totale controllo militare israeliano. Gli altri detenuti sarebbero semplicemente in attesa nelle loro celle.
Intanto le associazioni israeliane per i diritti umani hanno scritto al ministro delle Difesa israeliano Moshe Yaalon per denunciare la punizione collettiva inflitta ai palestinesi dall’esercito – che finora ha compiuto raid in tutte le maggiori città palestinesi, distruggendo centinaia di abitazioni, razziando sedi di organizzazioni non-governative, istituti di carità, università e centri di media – e per la violazione dei diritti basici dei palestinesi: l’ultimo a morire, ieri, è stato Ahmad Said Soud Khalid, 27 anni, ucciso da quattro colpi sparati dai soldati israeliani che avevano fatto irruzione nel campo profughi di el-Ain mentre si stava recando alla moschea per la preghiera dell’alba. Secondo il Centro palestinese per i Diritti Umani (PCHR) l’uomo, mentalmente disabile, non ha obbedito all’ordine di rientrare in casa. E l’esercito ha aperto il fuoco.
Da Nena News
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