Cisgiordania. Oltre 200 palestinesi arrestati in 5 giorni
La tensione in Cisgiordania aumenta a ritmi preoccupanti: non sono pochi quelli a cui il dispiegamento di truppe, l’atmosfera da coprifuoco, la chiusura dei checkpoint e la comparsa di posti di blocco volanti su tutto il territorio fanno tornare alla mente gli anni drammatici della Seconda Intifada. Il 2002, in particolare, l’anno in cui Israele rioccupò e assediò l’intera Cisgiordania.
Nel quinto giorno di ricerche dei tre coloni adolescenti, scomparsi giovedì vicino Allon Shvut, vicino Hebron, la punizione collettiva lanciata da Tel Aviv contro i Territori Occupati prosegue: bombe su Gaza, un giovane palestinese ucciso nel campo profughi di Jalazon, mentre nella notte sono stati arrestati 64 palestinesi, tra cui 51 ex detenuti rilasciati nell’ambito dell’accordo Shalit, nell’autunno del 2011. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, sarebbero almeno 200 i palestinesi – per lo più affiliati o sospetti membri di Hamas – arrestati dalle forze militari israeliane. Il premier israeliano Netanyahu punta il dito contro il movimento islamista, un’accusa rigettata dalla leadership di Hamas che l’ha definita “stupida”. Sono tanti coloro che – analisti e cittadini – vedono nel rapimento dei tre coloni l’occasione che il governo di Bibi cercava da tempo: l’occasione di mettere sotto assedio la Cisgiordania e il nuovo governo di unità nazionale Fatah-Hamas, l’opportunità per chiudere definitivamente ogni spiraglio di dialogo addossando la colpa alla controparte palestinese, il presidente Abbas in primis.
“L’obiettivo delle azioni israeliane è quello di dividere l’Autorità Palestinese da Hamas e interrompere il processo di riconciliazione cominciato due mesi fa”, ha commentato l’israeliano Amos Harel su Haaretz. Ovvero, distruggere la presenza di Hamas in Cisgiordania e convincere Ramallah della pericolosità della rinnovata alleanza tra le due fazioni, prima delle elezioni nazionali previste tra sei mesi.
Netanyahu promette vendette e conseguenze serie e la minaccia si sta già traducendo in azione, seppure l’ANP ci tenga a sottolineare che il rapimento è avvenuto in Area C, ovvero in una zona sotto il totale controllo militare e civile israeliano: lì la sicurezza non può certo essere garantita dalle autorità palestinesi, assenti. Ma Bibi fa orecchie da mercante e “invita” l’esercito israeliano a proseguire con gli arresti: “Le attività portate avanti nella notte dall’esercito e dallo Shin Bet, e che hanno condotto all’arresto di terroristi di Hamas, compresi quelli rilasciati nell’accordo Shalit – ha detto il premier oggi – inviano un importante messaggio: sono parte di una serie di azioni che continueranno e il cui obiettivo è ritrovare i giovani rapiti e danneggiare Hamas in Giudea e Samaria [Cisgiordania, ndr]”.
Tra le soluzioni individuate dall’esecutivo, anche una serie di consigli ai coloni residenti nei Territori Occupati, al fine di evitare altri rapimenti: non fate autostop per le strade, aspettate un passaggio dentro gli insediamenti se non ci sono mezzi pubblici a disposizione. Da parte sua il governo aumenterà il numero di autobus per le colonie, così da evitare altri incidenti.
E mentre Israele tenta di coinvolgere la comunità internazionale, sperando in azioni o punizioni verso il nuovo governo palestinese, sono quasi duecento i minori palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, alcuni di loro sotto i 12 anni d’età. Una grave violazione del diritto internazionale che, secondo le famiglie e le organizzazioni per i diritti umani, va trattata per quello che è: rapimento.
Ieri il Palestinian Human Rights Organization Council, coalizione di ong palestinesi, ha rilasciato una dichiarazione nella quale condanna i metodi israeliani e la punizione collettiva contro il popolo palestinese: “In qualità di potere occupante, Israele è tenuto a portare avanti le operazioni di ricerca dei tre coloni scomparsi rispettando gli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario che impone il rispetto per il diritto alla vita dei palestinesi. Il diritto internazionale proibisce le interferenze arbitrarie e illegali contro la privacy, la famiglia, la casa e la corrispondenza. Sebbene alcune delle misure prese dalle forze israeliane siano collegate alle indagini sulla scomparsa, i metodi utilizzati sono indiscriminati e minano i diritti fondamentali delle persone. Tali misure indicano l’intenzione di Israele di imporre punizioni contro vaste porzioni del popolo palestinese, in violazione dell’articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra”.
da Nena News
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