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Dopo i quattro israeliani uccisi, comincia lo stillicidio di vite palestinesi

«È la terza Intifada contro l’occupazione, no sono atti individuali». Mentre tanti si interrogano sul significato delle uccisioni di quattro israeliani compiute da palestinesi in questi ultimi giorni e il governo Netanyahu risponde blindando la città vecchia di Gerusalemme e approvando nuovi provvedimenti punitivi, nei Territori occupati va avanti lo stillicidio di vite umane. Pochi lo vedono. Il peso che viene dato alle vite umane è uno dei fattori centrali. Anche quando parliamo di ragazzi, di bambini, le vite di israeliani e palestinesi sembrano avere un valore diverso agli occhi di molti, soprattutto dei giornalisti stranieri. In poche ore tra sabato notte e ieri pomeriggio i soldati israeliani hanno ucciso prima un 18enne, Huthayfa Suleiman, di Bala (Tulkarem), e poi un bambino di 12 anni, Abed al Rahman Obeidallah, del campo profughi di Aida.

Il piccolo Abed al Rahman merita la stessa considerazione mostrata, giustamente, nei confronti della bimba israeliana di 2 anni, rimasta ferita sabato sera nell’attacco compiuto da un palestinese di Ramallah a Gerusalemme, costato la vita a un colono di “Ataret Cohanin” e a un giovane ebreo ortodosso. Il fatto che sia stato colpito durante una manifestazione di protesta, non è una giustificazione per i militari. Abed al Rahman era solo un bambino. Come era un bimbo Ali Dawabsha, 18 mesi, arso vivo nella notte tra il 30 e il 31 luglio nel rogo doloso causato da un gruppo di estremisti israeliani entrati nel villaggio di Kafr Douma (i genitori sono morti nelle settimane successive per le gravi ustioni). Gli autori di quel crimine restano liberi. Per scovarli i comandi militari non hanno inviato in Cisgiordania i quattro battaglioni che hanno dato la caccia e, secondo quanto annunciato ieri sera, catturato i responsabili, pare di Hamas e non di Fatah che si era detto, dell’agguato palestinese in cui giovedì sera sono morti Eitam e Naama Henkin, una coppia di giovani coloni israeliani.

Aida, ci viveva Abed al Rahman Obeidallah. È un nome che a noi italiani, e non solo, evoca Verdi, un’opera scolpita per sempre nella storia della musica. Aida per i palestinesi invece è il dolore del ritorno mai avvenuto alle case e villaggi dai quali furono cacciati o costretti a fuggire nel 1948. È l’oppressione di una vita che si svolge sotto il peso del Muro israeliano che domina sul campo e che divide la zona occupata a sud di Gerusalemme da Betlemme. Un portavoce dell’esercito ha annunciato che sulla morte di Abed al Rahman è stata aperta inchiesta. Ha aggiunto che i soldati erano impegnati a disperdere una «violenta e illegale protesta nell’area nella quale sono state lanciate pietre alle forze di sicurezza» e che hanno usato «pallottole di fucile Ruger» e altri «mezzi non letali». Che le pallottole di piccolo calibro sparate dai fucili Ruger non siano letali è da dimostrare. Un attivista italiano lo scorso anno, durante una manifestazione a Bilin, in Cisgiordania, fu colpito in pieno petto da uno di quei “piccoli” proiettili. Si salvò per miracolo. Il colpo si fermò tra cuore e polmone e i medici dell’ospedale di Ramallah riuscirono ad estrarla grazie a un delicato intervento chirurgico.

E fanno male anche le granate assordanti. Ne sa qualcosa Hana Mahamid, giornalista di Al Mayadeen TV, raggiunta al volto e ferita da uno di questi ordigni mentre domenica era in diretta (https://youtu.be/9O4or97wHXY) da Issawiya (Gerusalemme), a pochi metri dalla casa, circondata di poliziotti, di Fadi Alloun, il 19enne ucciso dalla polizia nella notte tra sabato e domenica. Il caso di Alloun resta avvolto nel dubbio. Per le autorità il palestinese, prima di essere abbattuto con numerosi colpi, aveva ferito a coltellate un ragazzo ebreo. La famiglia nega. La sua uccisione comunque appare una esecuzione. In un filmato disponibile in rete (http://youtu.be/PGaV5hjbTf4) si vede e si sente la folla che invita la polizia ad ucciderlo. Quella notte, con la tensione altissima per le due uccisioni nella città vecchia, per Gerusalemme si aggiravano gruppi di estremisti di destra che scandivano “Morte agli arabi”.

Michele Giorgio – ilmanifesto

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