Egitto: dal presidente per dirgli “Vai via”
Se poi le così dette responsabilità sono solo gli interessi di vecchi e stanchi ceti politici dell’opposizione c’è da credere che quando si dice “andatevene via tutti” la piazza comprende anche loro. Mentre alcuni partiti ed associazioni venivano accolti dal vice presidente egiziano, l’uomo forte della CIA nel medioriente, gran parte dei media internazionali salutavano l’avvento di una possibile “transizione ordinata”.
Durante il tumulto qualcuno saliva nelle stanze del regime, accettando un dialogo offerto tramite una pistola puntata sulle tempie del movimento, ma chissà forse per organizzazioni come i Fratelli Musulmani c’era da “portare a casa il risultato”, forse c’era da giocarsi la carta del riconoscimento del tiranno. Fatto sta che gli eventi non hanno fatto altro che esplicitare all’opinione pubblica internazionale e anche agli osservatori maliziosi o meno attenti l’inaderenza dei ceti politici consumati e invecchiati dell’opposizione e la composizione sociale del movimento egiziano.
Il comitato 6 aprile oltre ad aver rifiutato l’incontro con Souleimane, rilancia tramite facebook (piattaforma di organizzazione, originaria, spontanea e cuore del movimento che ora torna a funzionare dopo il blackout imposto dal regime) il proseguo fino infondo della mobilitazione contro la crisi e il regime della crisi. E i risultati dell’appello ci indicano a chi ci si deve rivolgere per comunicare e comprendere il divenire rivoluzionario del movimento in Egitto: bisogna guardare a quei milioni di studenti, laureati disoccupati e giovani proletari, al loro essere ostinata avanguardia di massa che accoglie tutte le istanze di lotta contro la crisi e per la libertà.
Certo tra di loro ci sono molti militanti delle organizzazioni che sono salite al palazzo ma a questo punto c’è da chiedersi quanta retorica, quanta teoria politica dovranno scomodare e quali paroloni dovranno utilizzare i leader di quell’opposizione che nei primi giorni della rivolta è stata alla finestra per dare ragione del dialogo irragionevolmente accettato e poi entrato in crisi dopo le prime battute del regime.
Tante parole e torsioni lessicali è ovvio, ma che non emozioneranno e convinceranno la piazza della bontà dei propositi e del dichiarato senso di responsabilità. Infatti è stato acclamato il principio responsabile di continuare la lotta e l’organizzazione, rilanciato sul palco improvvisato ieri pomeriggio in piazza alTahrir, che ha ospitato il tanto atteso intervento di Wael Ghonim, manager di google incarcerato per giorni con l’accusa di essere tra i promotori di una mobilitazione considerata dal regime come “il frutto di un complotto internazionale e del terrorismo islamista”.
Dal suo e dai tanti interventi che si sono susseguiti si capisce bene quali possono essere le direzioni che il movimento vuole dare alla lotta e le immediate iniziative proposte e poi praticate ne sono il segno chiaro ed esplicito. Si mantiene il presidio stabile e di massa a Piazza della Liberazione, si raggiunge la sede della TV di stato per delegittimarla pubblicamente e si mette in cantiere un grande corteo verso la presidenza della repubblica.
Lo slogan “ Moubarak vai via, andatevene via tutti” torna ad essere il programma, e al di là delle tragicomiche iniziative di certa opposizione invecchiata e lontana dal cuore e dal cervello del movimento, diviene anche nuova piattaforma di organizzazione. Infatti nello slogan si riconoscono gli operai di Suez e delle altre città industriali, i precari della comunicazione, i professori delle superiori che iniziano ad annunciare mobilitazioni e scioperi generali per riarticolare esplicitamente il conflitto contro il regime sul terreno della redistribuzione delle ricchezze.
Insomma se durante il tumulto qualcuno è andato dal presidente, la piazza già si pronunciava su certe tragicomiche “transizioni ordinate”, annunciando che dal presidente mette in conto di andarci ma per dirgli in faccia “vai via!”
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