Egitto: è in arrivo la transizione ordinata!
In pratica ieri il dittatore del Cairo annunciava ai milioni di manifestanti in piazza che il regime, oltre ad essere sordo alle chiare e nette richieste di dimissioni e di radicale cambiamento, avrebbe iniziato a colpire duro, ben più duro di quanto fatto dall’inizio delle mobilitazioni.
In queste ore è partita infatti l’offensiva sia sul piano militare che politico: per mostrare al mondo (e far tornare sui suoi passi Obama,che ieri ha alzato la voce contro Moubarak) che ormai il regime non può fare a meno del pugno di ferro, di altre, tante fucilate.
L’establishment sta giocando la carta squadrista: sbandati prezzolati, poliziotti senza divisa, militanti del partito del Raiss sono da questa mattina all’attacco del movimento. Hanno puntato su piazza elTahrir armati di pistole (se è vero quanto affermato da aljazeera per cui già si stanno contando i morti da colpi di arma da fuoco), di bastoni, di fruste; arrivati a piedi, a cavallo e in cammello vogliono prendersi la massima visibilità occupando la piazza su cui si concentra da giorni l’attenzione dell’opinione pubblica globale, e di tanti proletari che aspettano di urlare di gioia per una piazza da dedicare concretamente alla liberazione.
Il movimento al Cairo sta attraversando uno dei momenti più critici dalla sua nascita, deve fronteggiare da una parte l’attacco militare degli squadristi di Moubarak e riprendersi piazza elTahrir e poi rompere lo schema caos-stabilità che potrebbe rinsaldare in ultima battuta il Raiss sul trono.
Non a caso il dipartimento di stato americano in questi minuti ha diffuso una nota in cui si dice “preoccupato per gli attacchi” alludendo forse alla necessità di riportare la calma al Cairo appoggiando un ripiego repressivo da parte del regime che potrebbe rimettere le divise ai poliziotti con il via libera di soffocare le mobilitazioni. Ne uscirebbe un Obama candido e un Moubarak, seppur in crisi, in risalita contro le opposizioni. D’altronde ieri ha annunciato di non volersi ricandidare alle elezioni ma ha anche affermato con tono incisivo “morirò in Egitto”, come a dire venite a cacciarmi se ce la fate.
E’ in atto quindi la mossa per consolidare e legittimare la “transizione ordinata” voluta dalla Clinton, utile oltre che all’establishment del regime, anche ad un occidente ancora sotto shock e ad Israele che ha già le sue truppe schierate?
Intanto l’esercito dopo aver dichiarato ad aljazeera per voce di un generale “che l’Egitto è sempre stato democratico, guardate permettiamo a tutti di manifestare!”, ha iniziato a sparare in aria, e nella moschea divenuta un pronto soccorso del movimento si contano già centinaia di feriti.
Per i morti ancora non si hanno notizie certe, ma quella di oggi sembra una giornata per cui neanche centinaia di inchieste riusciranno ad appurare quanti manifestanti sono stati uccisi, visto che da queste ore su piazza elTharir potrebbe rovesciarsi tutta la forza di un regime dittatoriale retto ormai solo da pallottole e censura… contro un movimento che ha già sorpreso tutto il mondo e potrebbe farlo ancora. Ce lo auguriamo.
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