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Guerra in Ucraina: interrogativi e scenari – Intervista a Claudia Bettiol

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Sono molti gli interrogativi che si sovrappongono da quando la Russia, o per meglio dire il governo di Putin, ha deciso di invadere l’Ucraina adottando una retorica di “denazificazione” e di liberazione dei popoli filorussi. Dopo quasi una settimana di conflitto dispiegato è evidente quale sia l’intenzione di Putin, ossia destituire il governo attuale e sostituirlo con un governo filorusso.

Una carta in tavola che potrebbe destabilizzare sotto molti aspetti l’equilibrio di un’Europa già frammentata e sottrarre potere agli Stati Uniti, probabilmente colpiti in un momento di effettiva debolezza che il capo del governo russo ha saputo cogliere repentinamente. Parallelamente, l’UE e gli USA cosa vogliono da questa guerra? Probabilmente un cambio di rotta relativo alla Russia con il rovesciamento di Putin e, per quanto riguarda gli USA, ottenere l’egemonia dell’approvigionamento e delle esportazioni delle risorse energetiche in Europa e la delegittimazione di governi forti europei, come la Germania.  

Per costruire un punto di vista di parte in un momento inedito come questo occorre fornirsi di strumenti di analisi che, chi si occupa dell’area geopolitica in questione, mette a disposizione. È per questo motivo che di seguito si allega una breve intervista a una giornalista dell’Est Journal, Claudia Bettiol, alla quale sono state poste alcune domande con l’obiettivo di complessificare l’interpretazione di quanto sta accadendo e le sue conseguenze.

A chi conviene questa guerra? Sicuramente non alle popolazioni dei rispettivi stati coinvolti nel conflitto né tantomeno alle popolazioni europee che vedranno estreme conseguenze – ad ora soltanto economiche e sociali, senza la certezza di escludere altri scenari. Vediamo la possibilità dell’emersione di un’opzione all’interno della popolazione ucraina che non sia schiacciata né su posizioni sovraniste e ultranazionaliste né su sentimenti filo occidentali che fanno proprio un ordine valoriale neoliberista e fortemente capitalista? E infine, quali scenari possiamo delineare? A partire dall’ambito economico finanziario, utilizzato come bandiera da parte degli stati europei e americani per fermare la guerra senza l’intervento armato, le sanzioni messe in atto rispecchiano una grande ambivalenza: se da un lato possono mettere in crisi il governo russo – e in particolar modo la popolazione russa che vedrà l’esplosione di una crisi economica e sociale violentissima con la svalutazione del rublo isolato dai circuiti fnanziari mondiali – dall’altro lato, avranno gravi conseguenze anche sugli stessi paesi che le promuovono. Sin da ora per quanto riguarda l’Italia per esempio, in un solo giorno Intesa San Paolo e Unicredit hanno perso rispettivamente il 7,4 e il 9,5 per cento. Inoltre, il pacchetto di sanzioni rappresenta materialmente l’ipocrisia degli stati europei che, nascondendosi dietro a un gioco “pulito” nel sostenere l’Ucraina, continuano a inviare armi. I decreti stabiliti da Mario Draghi, nei quali si sdogana l’invio di armi dette “di difesa” oltre a quelle paradossalmente definite “non letali” in Ucraina, ha come unica conseguenza l’implemento dell’uso di armi, della loro produzione, della loro esportazione.

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