Hong Kong, sguardo privilegiato su accordi indo-pacifici e laboratorio “patriottico”
Mentre nel resto del mondo si cerca di uscire con dignità dall’epidemia la Cina ha avuto modo di convincere della propria affidabilità commerciale e come realizzatore di vie di comunicazione, di apertura di mercati e produzione-diffusione di merci, le clausole che consentono una provenienza tale dei beni esportati che i beni intermedi possono originare da uno qualunque dei sottoscrittori, al punto che al sistema messo in piedi – nell’assenza dell’America trumpiana – nello scacchiere pacifico hanno aderito tutti gli stati dell’Indo-pacifico a parte l’India, unico bottino statunitense per scelta di Modi dell’alleato potente più lontano e non confinante e perché si immagina come potenza equivalente a quella cinese.
Persino Australia, Giappone e Corea del Sud hanno aderito al Regional Comprehensive Economic Partnership, che rappresenterebbe un terzo del pil mondiale; una volta a regime, tra due anni… ma ecco appunto le prime cautele. Per ora si tratta di un accordo appena ratificato e non si sa ancora come potrà dipanarsi questo flusso e cosa significa la semplificazione doganale e l’estensione a servizi, investimenti, e-commerce di quello che però non si configura solo come un libero scambio tradizionale, inserendosi nell’idea del multilateralismo abbandonata dalla politica aggressiva dei dazi suprematisti, che ha affossato il Tpp di Bush e Obama che poteva contrastare lo strapotere cinese sull’oceano. Se Biden probabilmente cercherà di ritessere la trama del vecchio Tpp, è un dato di fatto che ormai i firmatari del Rcep (che hanno lasciato comunque aperto l’uscio per un ingresso anche dell’India) sono tali che ne fanno un interlocutore imprescindibile per tutte le economie. Anche se non è ancora un’area regolamentata come l’Unione Europea, si propone come una potenza con cui bisogna fare i conti.
L’oltraggio all’inno e la guerra tecnologica in funzione politica
Leggi sempre più liberticide si impongono in particolare per ridurre alla ragione Hong Kong, manifestazioni sono state disperse, parlamentari sospesi o autodimissionari; si è giunti a una calma apparente a HK, perché si è imposto il timore continentale. Una linea dura che intende sbarazzarsi dell’opposizione. La strategia è brutale e complessa nella sua elementare applicazione.
Su entrambi gli argomenti abbiamo sentito da Hong Kong Ilaria Maria Sala (sua la foto del luogo da cui si è tenuta la corrispondenza)
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