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In migliaia in piazza contro la “Slave Law” di Orban

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Migliaia di persone hanno manifestato per le vie di Budapest contro il provvedimento del premier ungherese Orban di alzare la quota di straordinari dalle attuali 250 a 400 ore annuali.

Questa la misura più controversa all’interno di un pacchetto di riforma del lavoro, che comprende anche la dilazione dei pagamenti degli straordinari fino a tre anni e l’imposizione di un regime di contrattazione individuale tra lavoratore e azienda.

La legge è stata definita “Slave Law” da parte dei manifestanti, che si sono confrontati per ore con la polizia nella notte, dopo il corteo. Gli scontri hanno portato ad un bilancio di circa 30 feriti, con le forze dell’ordine che hanno utilizzato lacrimogeni e gas urticante per sgomberare la folla, che aveva anche occupato due dei ponti che collegano le due aree della città divise dal Danubio.

La riforma è ancora più odiosa poiché motivata dalla mancanza, secondo il governo, di lavoratori da impiegare nelle fabbriche rispetto al lavoro disponibile. Quello di Orban è però lo stesso governo che si oppone alla ricollocazione dei migranti nel paese: il razzismo istituzionale ancora una volta si dimostra funzionale allo sfruttamento dei lavori, “nativi” o migranti che siano.

Il governo ha bollato come “uomini prezzolati da Soros” i manifestanti, che hanno ripetutamente dato del dittatore ad Orban, ribattezzato Vik-Ta-Tor, mentre venivano respinti dalla polizia davanti al Parlamento. Nella giornata di oggi alcuni giornali vicini a Fidesz, il partito di Orban, hanno pubblicato alcune foto dei manifestanti chiedendo la collaborazione dei cittadini per la loro identificazione.

Con il pacchetto di riforme Orban prosegue la torsione in senso autoritario del paese, all’insegna di quella “democratura” che a fronte di un formale assetto democratico del paese riveste sempre più pulsioni e pratiche autoritarie.

Tra le motivazioni della protesta c’è anche l’istituzione da parte del governo ungherese di una sorta di sistema giudiziario parallelo per quanto riguarda temi come la legge elettorale, la corruzione e le manifestazioni di piazza. Con questo sistema il governo potrà decidere sull’assunzione e la promozione dei giudici, togliendo questa prerogativa al sistema giudiziario.

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