Indignati d’Israele: “Basta fondi ai coloni!”
MARIO CORRENTI (Nena News)
Il carovita e la protesta degli indignati di Tel Aviv e di altre città, si stanno rivelando il tallone di Achille di Netanyahu che per oltre due anni ha badato ben poco alla situazione interna del suo paese per concentrarsi sui modi e le strade per impedire la realizzazione dei diritti legittimi dei palestinesi. Il primo ministro pensava di potersi garantire un nuovo mandato puntando sull’abituale «pericolo esterno» e non ha visto che la classe media israeliana – il serbatoio di voti che lo aveva portato alla vittoria elettorale nel 2009 – è stata travolta dall’aumento del costo della vita, dai salari bassi e dal lavoro sempre più precario. Un errore che potrebbe rivelarsi fatale se il sindacato, mettendo da parte la sua inspiegabile cautela, deciderà di cavalcare la protesta popolare contro la politica economica del governo.
Ci sono anche i medici assieme agli «indignati». L’Associazione dei medici di Israele, dopo aver guidato una marcia di protesta fino a Gerusalemme, ha eretto una tenda davanti all’ufficio del premier per chiedere che venga impedita la fine del sistema pubblico di assistenza sanitaria e che la salute dei cittadini non venga affidata soltanto ai privati (con costi altissimi). Il presidente dell’associazione, Leonid Eidelman, intende consegnare a Netanyahu (che è ministro della salute ad interim) una petizione a sostegno della sanità pubblica firmata da decine di migliaia di persone. Molti medici, incluso Eidelman, fanno lo sciopero della fame da alcuni giorni. Almeno mille giovani medici hanno preparato lettere di dimissioni se le richieste presentate al governo non verranno accolte. All’ondata di proteste si associano ogni giorno nuovi gruppi. Decine di psicologi e psichiatri, per le stesse ragioni, si sono uniti agli indignati di Tel Aviv in Viale Rothschild. Anche le madri sono scese in strada con i passeggini per protestare contro l’alto costo dei nidi di infanzia e manifestanti ieri sono saliti ssul tetto della Borsa di Tel Aviv, per contestare la concentrazione della ricchezza, il potere dei monopoli, la sperequazione nei redditi e a favore del rilancio dello stato sociale.
Intanto la protesta per il caro-alloggi ha raggiunto anche la popolazione palestinese di Israele già gravemente discriminata, specie nel mondo del lavoro. A Baqa Al-Gharbiya vicina alle linee con la Cisgiordania, gli abitanti hanno eretto un accampamento sotto la direzione del Comitato Pubblico cittadino e dei movimenti giovanili. I palestinesi di Baqa denunciano la demolizione di case arabe e l’alto costo dei terreni e accusano Netanyahu di guardare solo ai bisogni della maggioranza ebraica.
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