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Iraq: giovani in piazza contro il carovita

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In migliaia sono scesi in piazza dal trenta settembre in alcune delle maggiori città dell’Iraq per protestare contro il carovita.

Al centro della mobilitazione, che ha coinvolto molti giovani senza lavoro e universitari, vi sono in primo luogo la questione della disoccupazione e della corruzione del nuovo governo, presieduto dal primo ministro Adel Abdul Mahdi. A Baghdad, Bassora e a Nassirya le proteste hanno visto un duro fronteggiarsi tra manifestanti e forze di sicurezza che ha portato a 19 morti, tra cui un bambino e circa 400 feriti. Dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003 sono stati sottratti dai fondi pubblici circa 450 miliardi di dollari. La mobilitazione ha caratteristiche spontanee e non avviene sotto alcuna bandiera di partito.

Il governo di Baghdad ha risposto alle proteste con il pugno duro, in piazza sono stati utilizzati proiettili di gomma, idranti, lacrimogeni e anche proiettili veri per impedire ai manifestanti di raggiungere i palazzi delle istituzioni. Questa mattina è stato promulgato il coprifuoco nella capitale ed è stato disturbando l’accesso a internet, ma nonostante questo le manifestazioni continuano. Alta è la tensione nella Green Zone, dove hanno sede le ambasciate straniere, nella notte si è registrata un’esplosione, probabilmente un attacco all’ambasciata statunitense.

Le proteste hanno assunto lo slogan “Il popolo vuole la caduta del regime” che richiama immediatamente a quello gridato nelle piazze egiziane negli scorsi giorni e alle primavere arabe da cui l’Iraq non è stato sfiorato, attraversato dalle linee di conflitto che lo hanno dilaniato tra l’occupazione americana e il controllo di porzioni del territorio da parte dell’Isis.

Inoltre l’approssimarsi del conflitto Iran – Stati Uniti crea nuova preoccupazione soprattutto nella popolazione di fede sciita, la più attiva apparentemente nelle proteste. Conflitto che potrebbe vedere proprio nell’Iraq uno degli scenari collaterali.

Le tensioni di classe dunque accennano parzialmente a riemergere nel quadrante medio orientale dopo che le primavere arabe erano state recuperate a volte in senso confessionale, altre volte con l’intervento diretto o teleguidato dell’imperialismo occidentale.

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