La geopolitica del gas
Roberto Ciccarelli in un articolo apparso su Il Manifesto parla delle cause meteorologiche che si inseriscono dell’aumento del prezzo del gas e dell’energia in questi ultimi mesi. Approfondiamo con lui le questioni geopolitiche legate alla pandemia che hanno avuto l’effetto di rincarare l’approvigionamento, il tema dell’esportazione del gas e la gestione del gasdotto Nord Stream 2 che si trova in un crocevia di interessi e, ancora, l’insieme di fattori che hanno giocato un ruolo nel boom dell’inflazione dagli Usa all’Europa.
È possibile dunque parlare di geopolitica del gas, un terreno in cui si giocano i rapporti di stati come la Russia, l’Ucraina, la Germania, gli Stati Uniti e anche la Cina, una delle protagoniste di queste dinamiche. Infatti, dopo il primo lockdown totale del 2020 la Cina è riuscita ad accaparrarsi quote importanti di gas mentre l’UE era ancora rallentata dalle varie aperture e chiusure a singhiozzo a seguito dell’andamento dei contagi mai veramente finiti. Inoltre, una delle questioni cruciali è proprio quella del trasporto di queste materie prime, a maggior ragione in una situazione globale in cui i lavoratori sono materialmente bloccati dalle quarantene.
Il gas verde è un altro elemento evidentemente contraddittorio che viene tirato in ballo quando per garantire un’adeguata transizione ecologica bisognerebbe contare su di un periodo almeno di dieci anni, unito a un’autonomia produttiva sulle rinnovabili e ad altri interventi strutturali, rendendola sempre meno credibile. Soprattutto in un contesto in cui il nucleare viene annoverato tra le energie considerate green secondo l’UE.
Oggi si parla di nuova emergenza ma in realtà si tratta dell’ennesima crisi economica ed energetica derivata dalla pandemia decisamente prevedibile in quanto il risultato di problemi strutturali della gestione energetica.
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