InfoAut
Immagine di copertina per il post

La Palestina c’è, per ora sui banchi dell’Onu

Un discorso pronunciato in una data carica di significato: il giorno della solidarietà internazionale con il popolo palestinese, l’anniversario del voto che alle Nazioni unite nel 1947 approvò il piano di spartizione della Palestina, nello Stato di Israele e in uno Stato palestinese che invece non è mai nato. Abu Mazen, rivolgendosi alla platea, ha ricordato tutto questo, ha riaffermato la sua volontà di negoziare e chiesto al mondo di non negare ai palestinesi la libertà dopo decenni sotto occupazione israeliana. Frasi accompagnate da applausi scroscianti.

In queste ore gli interrogativi sono tanti e immediati dopo l’iniziativa lanciata al palazzo di Vetro da Abu Mazen. Occorre ricordare che è stato mancato l’obiettivo dell’adesione piena alle Nazioni unite, richiesta dal presidente palestinese il 23 settembre 2011. A causa delle minacce di veto degli Stati uniti nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite non è passata inosservata la passività, durata diversi mesi, dell’Olp sui tavoli della diplomazia internazionale mentre la popolazione voleva una campagna massiccia di sostegno al progetto, a maggior ragione dopo l’accoglimento della Palestina nell’Unesco.

Ora che lo Stato di Palestina occupa (senza diritto di voto) un posto alle Nazioni unite cosa faranno i dirigenti dell’Olp per trasformare un successo simbolico in risultati concreti a sostegno delle aspirazioni del loro popolo? Useranno i loro diritti acquisiti per avviare, come si è detto, procedimenti volti ad incriminare Israele per le sue politiche di occupazione, a partire dalla colonizzazione di Cisgiordania e Gerusalemme est? Oppure si asterranno dal farlo sotto la pressione di Stati uniti e di alcuni paesi europei? Abu Mazen ha predisposto un piano per il contenimento di possibili ritorsioni israeliane?

Infine, e non certo per importanza, è lecito chiedersi se Abu Mazen sia pienamente consapevole che lo Stato di Palestina «osservatore» rischia di trasformarsi in una trappola letale per il suo popolo se non sarà avviato un progetto nazionale palestinese di opposizione politica e diplomatica alla strategia di colonizzazione ed annessione territoriale che Israele porta avanti in Cisgiordania. Già ora le aree autonome palestinesi, figlie dei falliti accordi di Oslo, appaiono come bantustan. E non ci vuole tanta fantasia per immaginare un futuro stato indipendente palestinese senza sovranità, senza controllo delle sue frontiere e del suo spazio aereo. E se a ciò aggiungiamo la cooperazione di sicurezza tra servizi israeliani e dell’Anp, ormai in atto da anni, i sostenitori della soluzione dello stato unico, per ebrei e palestinesi senza differenze, non possono che trovare continue e sempre più valide motivazioni alle loro tesi.

Non è marginale in questo ragionamento l’ingresso in campo del premier israeliano, Benyanim Netanyahu, uscito ieri allo scoperto in anticipo sul discorso di Abu Mazen all’Onu. «Sul terreno non cambierà nulla – ha avvertito il primo ministro – anzi, questo voto allontanerà la nascita di uno Stato palestinese». Di fronte alla possibilità concreta del successo dell’iniziativa lanciata dal presidente palestinese, Netanyahu ha voluto riaffermare le condizioni alle quali non rinuncerà mai. «Non sarà costituito uno stato palestinese – ha detto – senza il riconoscimento di Israele come Stato del popolo ebraico; non sarà costituito uno Stato palestinese senza la proclamazione della fine del conflitto; non sarà costituito uno Stato palestinese senza provvedimenti di sicurezza reali che difendano lo Stato di Israele e i suoi abitanti…Come primo ministro di Israele non consentirò che una nuova base terroristica dell’Iran venga a costituirsi nel centro di questa terra, nella Giudea-Samaria (Cisgiordania, ndr) a un chilometro da qua», ossia da Gerusalemme, dove teneva il discorso. «Nessuna forza al mondo potrà obbligarmi a fare compromessi sulla sicurezza di Israele», ha concluso.

Torna con prepotenza la questione del riconoscimento palestinese di Israele quale «Stato ebraico», Stato degli ebrei. Una richiesta che persino il moderato presidente Abu Mazen fa fatica ad accettare poichè teme che questo riconoscimento significhi l’annullamento di fatto della risoluzione dell’Onu 194 che sancisce il ritorno dei profughi del 1948 nella loro terra d’origine (oggi in buona parte territorio israeliano), e apra la strada a provvedimenti tendenti a limitare i diritti della minoranza palestinese in Israele (1,6 milioni sono gli arabi israeliani). E non solo gli Stati Uniti ma anche quei paesi europei che ieri si accingevano a votare a favore dell’iniziativa di Abu Mazen – a cominciare dall’Italia costretta, per evitare l’isolamento in Europa, a votare «sì» al Palazzo di Vetro con grande disappunto di Tel Aviv – sono schierati apertamente con Netanyahu sul riconoscimento di Israele quale Stato ebraico e contro il ritorno dei profughi. Posizioni con le quali presto Abu Mazen dovrà fare i conti, che vanno ben oltre il simbolismo delle Nazioni Unite e che rischiano di lacerare ulteriormente le principali forze politiche palestinesi.

Ieri le bandiere verdi di Hamas sventolavano un po’ ovunque, da Ramallah a Gaza, assieme a quelle gialle di Fatah e rosse del Fronte popolare e delle altre formazioni della sinistra. A Gaza City, per la prima volta dal 2007 – anno in cui Hamas ha preso il potere nella Striscia – Fatah ha partecipato ad una manifestazione insieme a sostenitori del movimento islamista. Un piccolo segnale di unità, frutto della recente offensiva israeliana contro Gaza e dell’iniziativa dell’Olp alle Nazioni unite sostenuta anche dal leader del movimento islamico Khaled Mashaal.

A Tel Aviv 250 persone hanno preso parte a una manifestazione – organizzata da gruppi israeliani di sinistra e per i diritti umani – per sostenere la richiesta palestinese all’Onu. «Israele e Palestina, due Stati per due popoli», scandivano i manifestanti. Ma quello palestinese dovrà essere uno Stato vero, non solo un inno e una bandiera su un pennone.

 

da Nenanews

 

 

Ascolta il commento di Michele Giorgio, diretta effettuata durante la mattinata informativa di Radio Blackout

 

{mp3remote}http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/11/palestina.mp3{/mp3remote}

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

Onupalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

“Guerra alla guerra”, assemblea dei movimenti: lanciata per l’8 novembre una manifestazione nazionale a Roma

E’ iniziata con le parole di Nicoletta Dosio, storica attivista della Val di Susa, l’assemblea nazionale “Guerra alla Guerra”, svoltasi domenica 27 luglio durante il Festival Alta Felicità al presidio di Venaus, Torino.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’esercito israeliano assalta Handala in acque internazionali: equipaggio rapito, nave sequestrata. Attiviste ed attivisti in sciopero della fame

Poco prima della mezzanotte (orario palestinese) di sabato 26 luglio 2025, l’Idf ha assaltato la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Per salvare Gaza e noi stessi, è ora di razionalizzare la speranza

Ormai le volte in cui abbiamo pensato “speriamo” dopo le dichiarazioni di qualche governo o di qualche grande istituzione sono centinaia. di Alessandro Ferretti Abbiamo sperato in una svolta con i pronunciamenti della corte dell’Aja e dell’ICC, con le voci di dissidi Biden-Netanyahu e Trump-Netanyahu, con gli stati che hanno riconosciuto la Palestina, con il […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Lavoro: otto giorni di sospensione all’aeroportuale di Montichiari che si è opposto al traffico d’armi

Otto giorni di sospensione dal lavoro per Luigi Borrelli, dipendente dell’Aereoporto di Montichiari, nel quale è anche delegato sindacale USB e responsabile sicurezza, per aver segnalato il trasporto di armi che avviene all’interno dello scalo civile bresciano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Pavia: contro riarmo, guerra e genocidio

Come è andata la prima assemblea della rete dei movimenti pavesi

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Nuovo accordo tra la Francia e Kanaky: indipendenza o truffa coloniale?

Qualche giorno fa è stato siglato un nuovo accordo tra i partiti indipendentisti kanak e lo Stato coloniale francese.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Knesset vota sull’imposizione della sovranità israeliana sulla Cisgiordania

Mercoledì, la Knesset ha votato una dichiarazione a sostegno dell’imposizione della “sovranità” israeliana sulla Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: approfondimento sulla situazione politica in Bangladesh a un anno dalla rivolta del luglio 2024. Intervista a Romane Cauqui

L’estate scorsa, nel luglio 2024, il Paese è stato attraversato da un’ondata di proteste e mobilitazioni di massa contro il governo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La viltà sionista e i suoi oppositori

Di tutti i comportamenti che degradano l’uomo la vigliaccheria è il più infimo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso l’assemblea nazionale “Guerra alla guerra” di domenica 27 luglio a Venaus

Ripubblichiamo due contributi radiofonici che hanno il pregio di illustrare le caratteristiche che si propone di avere l’assemblea nazionale “Guerra alla guerra” di domenica 27 luglio alle ore 12.30 a Venaus, durante il Festival Alta Felicità.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

STOP RIARMO “Se la guerra parte da qua, disarmiamola dalla città!”

Riprendiamo e pubblichiamo il documento uscito sul canale telegram del percorso @STOPRIARMO che a Torino ha organizzato una prima iniziativa qualche settimana fa. Il documento traccia un quadro composito del sistema guerra nei vari ambiti della produzione e della riproduzione sociale oltre a lanciare alcuni spunti rispetto a ipotesi di attivazione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Georges Ibrahim Abdallah uscirà di prigione il 25 luglio, dopo 41 anni di reclusione

Abbiamo tradotto questo testo apparso su ContreAttaque in seguito alla notizia della decisione di fare uscire dal carcere Georges Ibrahim Abdallah dopo 41 anni di reclusione ingiusta, simbolo della persecuzione e dell’attacco da parte di Stati Uniti e Israele in primis e, di conseguenza della totale complicità di uno Stato europeo come la Francia, nei confronti di un militante anti-imperialista, rivoluzionario marxista libanese.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: Stefano, Jacopino e Pietro finalmente liberi! Aggravamento delle misure per Sara.

Le misure cautelari per i giovani arrestati a seguito della manifestazione in solidarietà a Ramy Elgaml di gennaio scorso a Torino erano scattate dopo pochi mesi e avevano visto quattro arresti domiciliari e quattro obblighi di firma.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Che ci fanno dei soldati israeliani nelle scuole del Chiapas?

Questi giovani (tutti ex soldati) entrano nelle scuole pubbliche locali attraverso una associazione di “volontari” chiamata in inglese “Heroes for life” e più esplicitamente in ebraico “Combattenti senza frontiere” con il fine dichiarato di “dare un’altra immagine al mondo delle IDF”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Obbligazioni di guerra a sostegno di Israele

Un’indagine rivela che sette sottoscrittori di “obbligazioni di guerra” sono stati determinanti nel consentire l’assalto di Israele a Gaza.  Dal 7 ottobre 2023 le banche hanno sottoscritto obbligazioni emesse dal governo israeliano per un valore di 19,4 miliardi di dollari. di BankTrack, PAX e Profundo (*), da La Bottega del Barbieri Un’indagine condotta dal gruppo di ricerca finanziaria olandese Profundo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La ribellione dei ricercatori: 300 membri del CNR rifiutano di collaborare al riarmo

Oltre 300 ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno dichiarato la propria indisponibilità a prestare la propria attività intellettuale a studi finalizzati al settore bellico.