
La ribellione dei ricercatori: 300 membri del CNR rifiutano di collaborare al riarmo
Oltre 300 ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno dichiarato la propria indisponibilità a prestare la propria attività intellettuale a studi finalizzati al settore bellico.
L’appello richiama l’articolo 11 della Costituzione italiana, che sancisce che la Repubblica Italiana ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali; i ricercatori affermano la loro opposizione a collaborare con i «piani di riarmo o ad essere in qualunque modo contigui a chi ricorra all’esercizio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». A tale appello ne è seguito un altro che coinvolge in generale i lavoratori del CNR, e che chiede al Consiglio di Amministrazione l’immediata sospensione delle collaborazioni con le istituzioni accademiche israeliane.
La lettera contro il riarmo è stata presentata al CNR da «ricercatori e ricercatrici, tecnologi e tecnologhe, collaboratori e collaboratrici» del Centro. Nel loro appello, esteso a tutti i colleghi, i ricercatori sono concisi: «Volutamente non ci diffondiamo in analisi», scrivono. «Molte ne sono disponibili e ci sorreggono, ma la nostra urgenza oggi è evitare i distinguo e dichiarare una presa di posizione inequivocabile». Le «competenze intellettuali e scientifiche sono parte essenziale delle azioni belliche», in tutte le forme in cui si presentano, a partire dal lato tecnico, per arrivare fino alla costruzione ideologica e retorica di una «cultura della guerra». Secondo i ricercatori, tutti i saperi vengono sfruttati dalla macchina di propaganda bellicista; è il caso non solo delle discipline tecniche che contribuiscono al progresso tecnologico dei mezzi con cui la guerra viene portata avanti, ma anche di quelle più teoriche e della comunicazione pubblica. Con la loro lettera, insomma, i ricercatori vogliono opporsi a un sistema che orienta interamente le conoscenze per metterle al servizio della macchina della guerra.
Nel testo dei ricercatori si fa breve menzione agli scenari di guerra attuali, e si cita rapidamente la situazione a Gaza. A sfidare apertamente la collaborazione con lo Stato ebraico è una seconda lettera che chiede al Consiglio di Amministrazione del CNR di sospendere in via cautelativa tutte le collaborazioni con gli enti di ricerca israeliani. Nel documento, i ricercatori sottolineano che la sospensione è stata sollecitata dalla Società Italiana di Diritto Internazionale, dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati Francesca Albanese, e che rispetta le recenti decisioni dell’Assemblea Generale dell’ONU e della Corte Internazionale di Giustizia che chiedono a Stati ed enti di «non riconoscere, aiutare e supportare l’occupazione illegale del Territorio Palestinese Occupato». I firmatari chiedono che la sospensione venga accompagnata da una ricognizione completa di tutti i rapporti degli enti di ricerca italiani con quelli israeliani direttamente o indirettamente coinvolti nel sistema di apartheid e genocidario dello Stato ebraico. La recente lettera fa eco a un analogo documento inviato lo scorso anno, e alle diverse mobilitazioni lanciate dagli studenti nelle università italiane e di tutto il mondo con la cosiddetta intifada studentesca, che ha rapidamente preso i connotati di un movimento globale.
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