Lo sporco lavoro di Giordano Stabile e della BBC contro YPG e SDF
Possibile che dopo mesi di ininterrotto martellamento mediatico sulle atrocità di Daesh, tinteggiate nei toni più splatter e orrorifici, sia chi lo abbia sconfitto a prezzo di enormi sacrifici a finire sul banco degli imputati?
Evidentemente si, se si pensa a quante operazioni di messa in sicurezza dei territori liberati dalle YPG siano diventate “pulizia etnica” su certa stampa mainstream, o quante condanne ai collaborazionisti siano diventate “persecuzione degli oppositori”.
Ultimo episodio della saga è l’articolo della BBC uscito lunedi scorso: un pezzo intriso di sensazionalismo, in cui i corrispondenti Quentin Sommerville e Riam Dalati parlano di “sporco segreto” e si spingono a sostenere nientemeno che la collusione con l’ISIS da parte delle SDF intente ad espugnare Raqqa. La scabrosità del patto sarebbe consistita nell’evacuazione di 250 miliziani del califfato nero e 3500 tra loro familiari ed ostaggi (per assicurarsi la fuga) nelle ultimissime fasi dell’assedio della capitale di Daesh. Narrativa ripresa da Giordano Stabile sulla Stampa che nel rincarare le accuse ai “curdi” (come al solito negando ogni autonomia ai partigiani arabi nelle SDF – alcuni da anni in attesa di poter rientrare nella propria città) copia paro paro persino il titolo dall’originale inglese.
Tanto per cominciare non esiste nessun “segreto”: la possibilità di un corridoio per i jihadisti era trapelata in precedenza, ufficializzata dal portavoce della coalizione Ryan Dillon lo scorso 14 ottobre e già allora ripresa dalla BBC stessa. Nonostante la contrarietà degli USA ad essa, la scelta del Consiglio Civile di Raqqa non è da ricondursi alla mera limitazione degli spargimenti di sangue (che avrebbero comunque comportato l’annientamento di poche decine di fondamentalisti a prezzo di centinaia di scudi umani); ma alla gestione della deradicalizzazione e dell’inclusione delle tribù della città nell’amministrazione confederale e nel sistema delle comuni.
Falso è anche sostenere che gli scagnozzi di Al Baghdadi siano stati scortati all’estero: i valichi con la Turchia sono chiusi (se non quando il tiranno Erdogan non decida di promuovere spedizioni terroristiche oltrefrontiera) ed i jihadisti hanno raggiunto le residue zone da essi controllate lungo l’Eufrate, aree attualmente sotto attacco sia da parte delle SDF (che nei mesi scorsi hanno liquidato migliaia di adepti del sedicente califfo) che dall’esercito governativo.
Infine, il profilo degli autori del reportage da cui il nostro Stabile attinge a piene mani è quantomeno controverso: riprendendo ai tempi un’analisi sulla “buona amministrazione” dell’ISIS, poche settimane fa Sommerville passava a lamentare i danni e le vittime dei bombardamenti statunitensi su Raqqa; per poi cercare di gettare ombre sul provvedimento votato a porvi fine. Mentre è possibile reperire sul profilo di Dalati status di propaganda filo-turca e derisori dei combattenti anti-ISIS.
Ed i temibili fondamentalisti diretti verso l’Europa? I reporter della BBC farebbero meglio a guardare in casa propria: mentre con una mano la ministra dell’Interno Rudd metteva a loro disposizione alloggi popolari, con l’altra arrestava i combattenti britannici nelle SDF, che il terrorismo l’hanno affrontato sul campo.
Una narrazione tossica paradossalmente fatta propria dai rossobruni filo-Assad; paradossalmente nella misura in cui sia l’esercito governativo siriano che Hezbollah hanno concluso simili patti nel passato recente. Solo pochi mesi fa decine di jihadisti dell’ISIS e di Nusra hanno ottenuto dei salvacondotti per la regione di Idlib tramite i famigerati “bus verdi”: ad Aleppo in cambio della resa nelle fasi finali dell’assedio della città; a Damasco, per propiziare l’evacuazione di alcune sacche di resistenza nella capitale; e nella regione di Qalamoun, al confine tra Libano e Siria, al fine di recuperare i corpi dei propri soldati e dei miliziani sciiti uccisi. Ovviamente nessuno scandalo, come nemmeno per l’impiego indiscriminato da parte dell’aviazione di Assad delle barrel bombs su centri densamente abitati in varie fasi della guerra.
A tutti questi soggetti vogliamo regalare uno scoop ancora più grosso: già nel 1945 in un certo paese del sud Europa gli USA armavano e sostenevano i combattenti per la libertà locali. Ma in quell’occasione non solo facilitarono la fuga dei propri nemici, ma permisero loro di conservare posti di responsabilità nelle procure e nelle prefetture nazionali. Il seguito? Quello sì che è quasi uno “sporco segreto”.
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