Lo stato della guerra / Verso lo scontro NATO – Russia? – parte 2
Di seguito la seconda puntata del nostro editoriale Lo stato della guerra / Verso lo scontro NATO – Russia? che potete trovare qui.
3.
In punta di fioretto si potrebbe pensare l’invasione russa dell’Ucraina e lo scontro per la rottura o il mantenimento dell’egemonia della globalizzaione a guida USA stanno su due scale diverse e che uno sia subordinato all’altro. In senso stretto la matrice del dibattito che abbiamo di fronte molto spesso è questa: da un lato chi sostiene che il dato dell’aggressione ad uno stato sovrano sia prevalente rispetto a qualsiasi valutazione di sguardo generale, dall’altro chi sostiene che i nodi geopolitici siano la sostanza a cui guardare ed il resto sia marginale o nefasto.
Il punto è però che questi due aspetti non possono essere in alcun modo scorporati, che sono indissolubilmente legati come mostrano gli sviluppi recenti. L’obbiettivo di Putin, per chi ancora se lo chiede, non è solo impedire l’insediamento di qualche batteria di missili sui propri confini, o la conquista di qualche territorio, un corridoio sul mare per unire Crimea e Donbass ecc… ecc… Questi sono tutti target sottostanti che stanno nell’ordine di materializzare un risultato tangibile, una leva. L’obbiettivo principe è quello di rimettere in discussione gli assetti internazionali partendo dalla considerazione, giusta o errata, che l’egemonia statunitense sia sull’orlo del declino. Molti degli aspetti difficili da comprendere di questo conflitto diventano spiegabili solo assumendo questo dato.
Qui una delle differenze con la Cina probabilmente, che se intuisce la parabola discendente allo stesso tempo è consapevole che non c’è nulla di scontato al momento, oltre all’interconnessione significativa con l’economia USA.
L’Ucraina in questo senso è lo scenario in cui si è materializzato lo scontro per una serie di fattori, tra cui l’essere effettivamente il confine europeo tra Occidente e Russia anche dal punto di vista etnico e demografico.
La domanda che ne consegue è ovvia, cioè quale spirito ha guidato questa scelta (programmata per altro da decenni probabilmente)? Non c’è da farsi illusioni a riguardo, al netto di ciò che possono pensare i nostalgici non siamo nella puntata dei Simpson in cui la salma di Lenin si rianima spaccando la teca di vetro, la mossa di Putin è un tentativo di sopravvivenza dei rapporti sociali della Russia post-sovietica basati sul capitalismo oligarchico ed estrattivista dentro un quadro di crisi complessiva ed un’aggressività del blocco USA-Nato sempre più esplicita.
Il malinteso di fondo su cui per anni si è frainteso il tema della globalizzazione è che non si tratta semplicemente di un’internazionalizzazione dei mercati, ma del più potente strumento dell’egemonia USA, basato sulla politica del debito, sulla dollarizzazione dell’economia globale, sulla sua potenza militare e sul suo soft power. E’ un progetto globale con un chiaro scopo, ed è a senso unico. Per questo gli altri poli capitalistici devono adeguarsi assumendo un ruolo funzionale alla globalizzazione a guida USA. Più la crisi si intensifica e più gli spazi di sviluppo autonomo di modelli capitalisti in conflitto con questa globalizzazione si restringono. Anche per gli USA, per il mantenimento del rapporto sociale interno ed esterno, si tratta per certi versi di una battaglia di soppravvivenza, di una necessità di predazione continua e di allargare ed intensificare il più possibile la propria area di influenza, in una bulimia di accumulazione che dagli anni ‘70 è sempre più disperata.
Questa guerra si combatte e si prepara da decenni, per quanto c’è chi se ne accorge solo oggi, sul piano economico, su quello sociale e anche su quello militare (solo un po’ più lontano da noi, ed in maniera indiretta, come in Siria ad esempio).
(Continua…)
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