Lo Stato palestinese tra riconoscimento e opportunismo della comunità internazionale
Così, dopo la Svezia e il Regno Unito anche la Spagna ha “riconosciuto lo Stato palestinese” con un voto non vincolante.
Ho letto tanti commenti entusiasti e ho ricevuto le più svariate “petizioni” per chiedere anche in Italia questo benedetto “riconoscimento”. Mentre Gerusalemme brucia e la Palestina tutta resiste alla brutalità sionista, mezzo mondo si congratula per il “successo” spagnolo e ci si adopera ancora più convinti per ottenere gli stessi risultati positivi in altri paesi.
Non posso non chiedermi perchè, in queste ore drammatiche in cui Gerusalemme viene violentata con la complicità della comunità internazionale, perchè mai questo riconoscimento dello “stato di Palestina” è diventato così importante? Rimango allibita e a dir poco frustrata dall’interpretazione distorta del concetto di “stato di Palestina” e riconoscimento dello stesso. Rimango basita di fronte all’impegno frenetico per ottenere tale riconoscimento: la priorità oggi dovrebbe essere il sostegno incondizionato della resistenza popolare palestinese contro le pratiche ancora più brutali di pulizia etnica sionista sperimentate negli ultimi mesi a Gaza a Gerusalemme a Nazareth a Nablus e in tutta la Palestina storica! Perché mai dovrei entusiasmarmi all’idea di veder riconosciuto uno stato “improbabile”, economicamente e politicamente dipendente dai nostri carnefici e i loro complici, mentre il nostro popolo è ancora colonizzato, violentato, discriminato nella Palestina del 48 (lo “stato sionista” appunto)?
Perché dovrei entusiasmarmi e addirittira adoperarmi per veder riconosciuto uno “stato palestinese” geograficamente frammentato e privo delle sue risorse naturali, mentre milioni di palestinesi sono ancora rifugiati e ed il loro diritto al ritorno viene minacciato da queste strategie di “state-building” che non ci rappresentano? Perché dovrei cercare il riconoscimento di uno “stato ” che serve solo gli interessi di una classe dirigente corrotta, mentre migliaia di eroi palestinesi sono morti per il nostro diritto alla giustizia e la liberazione? Perché dovrei felicitarmi per un “riconoscimento simbolico” quando di fatto il mondo è cieco e sordo di fronte alla inconcepibili barbarie sioniste contro i palestinesi a Gerusalemme, a Gaza, a Hebron, a Akka, nei campi profughi, e ovunque essi siano???
E’ questo riconoscimento “non vincolante” davvero un tentativo di opporsi alla follia sionista o è piuttosto una via d’uscita semplice e opportunista, servita dai “palestinesi” stessi alla comunità internazionale, per lavarsi le mani ancora una volta del diritto alla giustizia??? Non riesco davvero a sopportare questo entusiasmo orgasmico per un riconoscimento che in realtà non comporta altro che il rafforzamento delle strategie sioniste! Non posso sopportarlo, soprattutto in queste ore, in questi giorni. Questa bulimia di congratulazioni, petizioni, “piattaforme unitarie” della “sinistra radical chic” serve solo a deviare l’attenzione (e l’impegno) dal vero problema che è la colonizzazione e l’oppressione sionista del popolo palestinese con la complicità di una leadership illegittima e l’incapacità – delle forze politiche palestinesi e della comunità internazionale – di sostenere pienamente e incondizionatamente la resistenza del popolo palestinese in Palestina ed in esilio.
Come ho sostenuto altrove: “La dichiarazione dello stato, arriva in uno dei momenti più bui della storia palestinese, con una leadership marcia, interessata più a riguadagnare legittimità internazionale che a riconquistare davvero il sostegno popolare. Questo è solo un altro tentativo di garantire la continuazione dei negoziati, la cooperazione economica, la normalizzazione dello status quo, e la sicurezza del colonizzatore in linea con lo ‘spirito di Oslo’. Questa strategia conferma l”ossessione’ della leadership palestinese con le pratiche di state-building e con compromessi incondizionati, l’ostinazione a negare le tragiche conseguenze che l’abbandono del quadro anti-coloniale ha significato per la lotta palestinese e il popolo palestinese, in particolare i rifugiati. Inoltre, questa “fissazione con lo stato” sottolinea l’incapacità di riposizionare i principi di giustizia e liberazione al centro della lotta e, allo stesso tempo, l’incapacità di ri-inquadrare rivoluzione palestinese nel più ampio contesto di resistenza transnazionale contro l’oppressione e il colonialismo. “
Questa saga è abbastanza ridicola. E’ il ridicolo, disperato tentativo di “salvare” il quadro politico (e l’establishment politico) sul quale gli accordi di Oslo si basano e serve solo a “rassicurare” il nemico, a garantire che la ri-elaborazione di nuove strategie di lotta per la liberazione non è nei piani futuri. Continuare ad adoperare un linguaggio, quello di Oslo, appunto, che ha snaturato la nostra causa, ha tentato di istutuzionalizzare la frammentazione sociale e politica del nostro popolo e di cancellare l’identità rivoluzionaria della lotta per renderla una mera “questione di confini”, serve solo a garantire una cornice istituzionale al progetto sionista, e a delegittimare nuove strategie di liberazione dei palestinesi.
Io, in fondo, l’entusiamo lo capisco, e non nego che anche io mi emoziono quando mi abbandono alle romanticherie e provo ad interpretare il riconoscimento come una legittimazione della nostra lotta. Ma mi bastano pochi secondi, per ricordare che non è la nostra lotta che viene riconosciuta, anzi, paradossalmente, avviene il contrario. Questo riconoscimento, nel migliore dei casi avrà distolto per poco l’impegno di tanti attivisti e l’attenzione di chi solidarizza con la Palestina dai quotidiani abusi e soprusi sionisti…nel peggiore dei casi però, avrà seppellito la voce dei palestinesi, la nostra causa, il nostro diritto alla giustizia ed alla liberazione!
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