Lützerath resiste al carbone
C’è un piccolo centro della Renania, nella Germania nordoccidentale, che deve scomparire per far posto all’ampliamento di una delle maggiori miniere a cielo aperto d’Europa. Dalla miniera si estrae carbone di proprietà della seconda impresa tedesca per produzione di elettricità.
L’estrazione del più inquinante dei combustibili fossili, secondo le stime del governo federale, deve aumentare di 280 milioni di tonnellate, uno dei frutti più avvelenati della guerra tra gli imperi che devasta l’Ucraina. Così, malgrado le precedenti promesse di non farlo e i solenni impegni sulla riduzione delle emissioni che puntuali si rinnovano ad ogni conferenza internazionale sul clima, le istituzioni tedesche locali e nazionali hanno deciso di radere al suolo Lützerath a metà di gennaio del 2023. C’è solo un piccolo ostacolo: la popolazione locale, qualche migliaio di cittadini, e i movimenti territoriali non sono affatto d’accordo e hanno cominciato a fermare le solerti autorità che devono garantire la presunta inevitabile avanzata del progresso piegando brutalmente ogni resistenza. La resistenza della minuscola Lützerath si annuncia forse un po’ più ostica del previsto. Sembrerà assurdo, ma riceve perfino solidarietà da mondi lontanissimi, come mostra qui sotto una foto di persone con il passamontagna che arriva dal Chiapas.
Il colosso energetico RWE vuole ampliare una delle più grandi miniere a cielo aperto d’Europa, quella situata a Garzweiler, nella Germania nordoccidentale, per l’estrazione del carbone. Per farlo sta progettando di radere al suolo l’intera Lützerath, piccolo Comune della Renania.
Di diverso avviso, naturalmente, la resistenza costituita dai movimenti ambientalisti che intende prevenirlo affermando, tra l’altro, che l’argomentazione del governo tedesco sul “pericolo per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico” è ingiustificato e non è sostenuto da studi attendibili.
Due anni fa la multinazionale tedesca ha demolito una strada e ha iniziato ad abbattere alberi attorno alla cittadina parzialmente abbandonata, nonostante avesse promesso di non sconfinare nel territorio di Lützerath. Quella di Lützerath è solo una della dozzina di comunità i cui villaggi sono stati espropriati e demoliti – alcuni sono poi stati ricostruiti a diversi chilometri di distanza – per far posto all’estrazione del carbone.
Da allora, gli attivisti hanno operato nell’ambito dell’iniziativa Lützerath Bleibt (Lützerath Resta) per rimanere nel Comune, trasformandolo in un luogo di resistenza. Lì collaborano con la popolazione locale, di cui fa parte per esempio Eckardt Heukamp – l’ultimo agricoltore rimasto – e con altre organizzazioni per impedire la distruzione in nome della presunta emergenza energetica.
“In questi tempi di crisi molteplici, quelli che hanno di meno sono sempre quelli che soffrono di più, e tutto questo accade mentre le compagnie di combustibili fossili stanno realizzando più profitti che mai malgrado siano i maggiori inquinatori del pianeta. Solo 100 aziende di combustibili fossili sono responsabili del 71% delle emissioni globali: l’impresa tedesca RWE, proprietaria della miniera di carbone accanto a Lützerath, è una di queste”, affermano i componenti di Lützerath Bleibt in una dichiarazione rivolta all’opinione pubblica internazionale.
Lunedì 2 gennaio la polizia ha fatto un primo tentativo di entrare nel paese, ma ha incontrato la resistenza degli attivisti che hanno posto delle barricate che hanno impedito l’avanzata delle forze di sicurezza. Le immagini diffuse dagli ambientalisti mostrano una resistenza pacifica.
Martedì 3 c’è stato c’è stato un altro tentativo di raid, questa volta contro gli alberi del paese, ma ancora una volta gli attivisti hanno opposto resistenza all’operazione della polizia.
Il governo locale ha ordinato lo sgombero del paese e ha autorizzato l’azione delle forze dell’ordine a partire dal 10 gennaio. Tuttavia a Lützerath continuano ad arrivare persone determinate a fermare l’avanzata delle macchine e per questo fine settimana è stato persino organizzato un festival.
Tra mercoledì e venerdì 6 gennaio sono inoltre state annunciate più di venti proteste in diverse altre città tedesche per condannare lo sgombero contro Lützerath.
Nel dicembre 2022, dopo un accordo tra RWE e il ministero dell’ambiente della Renania settentrionale-Vestfalia, sostenuto dall’approvazione del parlamento federale, la polizia ha annunciato che lo sgombero della resistenza a Lützerath avrà luogo nel fine settimana del 14 e 15 gennaio.
Le miniere di lignite, materiale utilizzato come carbone fossile, sono considerate le più inquinanti d’Europa. Con la loro espansione, il governo tedesco intende estrarre fino a 280 milioni di tonnellate in più di carbone, una produzione che rappresenta quattro volte più di quanto è stato promesso di ridurre le emissioni inquinanti attraverso l’accordo di Parigi, firmato nel 2015.
In base all’accordo siglato alla fine del 2022, l’eliminazione graduale del carbone in Germania dovrebbe essere anticipata al 2030, invece che al 2038, e diversi villaggi dovrebbero essere salvati dalla distruzione. Non è, con tutta evidenza, il caso di Lützerath. Infatti, mentre la Germania riduce la sua dipendenza dal petrolio e dal gas russi, le autorità avvertono che il carbone dovrà rimanere una fonte di energia ancora per molti anni.
“Per centinaia di anni la protezione del clima è stato un problema di cui si sono fatte carico solo le popolazioni indigene del Sud del mondo, adesso – con un disastro climatico dopo l’altro – siamo sull’orlo di un punto critico non più reversibile”, affermano gli attivisti promotori della resistenza di Lützerath, “L’Europa ha già distrutto abbastanza. Devi fermarsi. Deve farla finita con i mega progetti, cessare l’accaparramento di terre in tutto il mondo, le collaborazioni con imprese di combustibili fossili come RWE e decidersi a iniziare a usare meno energia. Il mondo ci sta guardando e noi non accetteremo più questa distruzione”, dice il loro appello.
Fonte: avispa media
Traduzione per Comune-info: marco calabria
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