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“Meglio il fuoco che il disonore!”

Nelle prime giornate della rivolta sono stati arrestati un famoso blogger e un famoso rapper che usava la rete per diffondere le canzoni anti regime. Oggi il blogger Amamou, scarcerato, è ministro della gioventù e manda in rete le riunioni dei ministri su twitter.
Poco evidente ma altrettanto preparatoria del terreno di rivolta sono state le organizzazioni ultras delle squadre di calcio: unico sfogo permesso ai giovani perché non politico, ha invece fatto sperimentare che quando si agisce in gruppo si può sconfiggere la prepotenza della polizia. “polizia dappertutto giustizia no” campeggiava, in italiano, sugli striscioni negli stadi.

Qual è il legame che lega la rivolta tunisina a quella egiziana?

In modo straordinario le due rivolte sono molto simili, e simili alle “turbolenze” che stanno attraversando Algeria, Giordania, Siria, Yemen… tutte queste nazioni hanno il medesimo problema di una massa di giovani e un ceto medio acculturati e disoccupati, uniti da istanze di pluralismo, democrazia e libertà. E’ estremamente significativo che gli estremisti islamici, che finora sembravano occupare l’altra faccia della politica araba, siano stati altrettanto spiazzati che i vecchi dittatori: leader altrettanto vecchi e spazzati fuori dal tempo con le loro cariche di esplosivi, da istanze decisamente più moderne.

Quali prospettive si possono ipotizzare nell’evoluzione delle proteste?

Questo è in realtà il passaggio più difficile: una rivoluzione non si vince nei primi giorni di lotta ma in ciò che veramente riesce a costruire nel paese. Oggi i tunisini vogliono vedere realizzata una vera democrazia, ma la strada è lunga: bisogna rifare la costituzione, la legge elettorale, istituire un vero sistema parlamentare… snidare i vecchi oligarchi. In questi giorni si vivono parecchie incertezze, ci sono tentativi di restaurazione e tentativi di mediazione. Ma mentre c’è incertezza sulle sorti dell’attuale governo, si sta procedendo alla sostituzione dei Direttori Generali dei giudici e dei Governatori delle province che sono stati conniventi con il potere, ed è sempre la gente, o le assemblee dei lavoratori, che chiedono la rimozione. La gente è molto vigile, questo è molto bello: la gente finalmente parla, si organizzano assemblee per ogni cosa ed in ogni posto, è la terapia della parola dopo 25 anni di ammutolimento. La gente giudica, interviene nei programmi TV, denuncia, domanda, chiede conto. C’è un’aria bella di rinnovamento che ha pervaso tutti, questo fa pensare che non si potrà tornare indietro, anche se i sono ancora molte forze reazionarie nel paese.

Possono esserci ricadute anche nella fortezza Europa?

Sicuramente questo è un momento di una portata storica eccezionale e questa ha l’aria di essere una vera rivoluzione: molte cose sono cambiate nelle persone e nelle società. Anche se Mubarak non se ne andrà in questi giorni ormai il messaggio è chiaro, per il regime egiziano e per tutti gli altri regimi arabi. E forse per tutta una generazione. Niente sarà come prima. E anche le democrazie occidentali dovranno cominciare a rivedere il loro sistema di alleanze con i paesi arabi e con il senso stesso della parola “democrazia”.

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