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“Moubarak sconfitto! E’ il primo grande passo!”

che era fermo in gola da giorni. Moubarak ha lasciato la morsa, battuto, sconfitto dal movimento egiziano, dal suo divenire rivoluzionario. A Dicembre le prime immolazioni di giovani disoccupati, proletari e operai, e poi mentre la Tunisia rivoluzionaria faceva i suoi primi passi da Sidi Bouzid al resto del paese, anche in Egitto saliva la tensione. Come non riconoscersi in quella gente degna e coraggiosa? Tra quei studenti e studentesse, tra quei disoccupati e banlieusards, tra quegli avvocati, sindacalisti e operai ci si è riconosciuto mezzo mondo mentre non cedevano ad una repressione implacabile. E mezzo mondo ha gridato di gioia quando il 14 gennaio Ben Ali veniva sbattuto a terra dal movimento tunisino. Oggi dopo 20 giornate di lotte, scioperi generali, resistenza tenace e rilancio continuo di mobilitazione, il movimento anche in Egitto regala ai proletari, agli umiliati, ai poveri e agli sfruttati di tutti i continenti, massacrati dalla crisi, non più una speranza, ma una concreta certezza: rovesciare il tiranno è possibile.

La rivoluzione dei coraggiosi ha fatto il primo grande passo in Egitto, la salutano i kalashnikov puntati al cielo a Gaza, i clacson che impazzano per l’Avenue Bourghiba a Tunisi, per le strade di Amman, e nelle case degli algerini che domani scenderanno in piazza contro il regime. Un primo grande passo, è vero. Ma tutti sanno che è solo l’inizio e che la rivoluzione è appena cominciata. Lo dicono tutti a Piazza AlTahrir, lo affermano risoluti e commossi tanti intervistati egiziani da AlJazeera, lo twittano a milioni su un ashtag #jan25 che è un flusso di gioia e rilancio di lotta.

Sarà dura! Forse ancora più di prima: caduto il tiranno adesso c’è da lottare contro la tirannia, contro il sistema di Moubarak che ha garantito per anni gli interessi economici e politici del suo establishment, dell’America, dell’Europa e dei suoi alleati, primo tra tutti lo stato Israeliano che già si è detto preoccupato per la stabilità e la pace. I militari, mentre sorvegliano le piazze senza celare i sorrisi, sembrano intenzionati a sciogliere i due rami del parlamento e annunceranno nelle prossime ore le dimissioni del governo Shafiq, a quel punto sarà chiara la direzione in cui le istituzioni del post-Moubarak vogliono andare, con molta probabilità “accompagnate” dalla Casa Bianca. Intanto tra la gioia e la soddisfazione, il movimento festeggia e presidia tutte le piazze e le strade del paese, inonda le proprie città conquistate con la lotta mentre scopre collettivamente la sua potenza. E la reazione lo sa: dopo decenni di silenzio e oppressione, adesso anche in Egitto una generazione di giovani proletari, studenti e disoccupati si è riappropriata della politica, della prassi dell’organizzazione e della lotta, e la svolta è data e dovrà farci i conti. Ormai tra le rive del Nilo non si torna indietro, e da un pezzo non si ha più paura, la rivoluzione dei coraggiosi ha fatto il suo passo, e adesso non può che continuare a farsi largo più forte di prima.

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