Nessuno scrive al Colonnello
All’improvviso le stime sui costi dell’insurrezione libica iniziano ad impennarsi bruscamente. Era chiaro a tutti che il migliaio dichiarato ieri non poteva rendere conto dell’uso indiscriminato e massiccio di bombardamenti aerei contro la popolazione civile, a volte colpita nei momenti di grande assembramento che scandiscono le quotidiane manifestazioni degli ultimi giorni.
E così, da oggi, sono iniziate a saltare fuori le fosse comuni e i morti raccolti a decine dentro scantinati e palazzi. Le testimonianze che riescono a filtrare oltre confine a mezzo cellulare e dei social network, raccontano testimonianze raccapriccianti di mercenari che, col calar della notte, irrompono nelle case eseguendo condanne a morte sommarie.
A pagare il prezzo del gioco sporco che il Colonnello sta imponendo al suo popolo, sono talvolta i migranti impegnati nel lavoro stagionale o liberati dai lager allestiti dal regime per compiacere la Fortezza Europa. Molte testimonianze raccontano di aggressioni ispirate dall’implacabile sete di vendetta contro stranieri scambiati per squadroni della morte assoldati dal regime.
Per fortuna non mancano le buone notizie: una cittadina egiziana vicina al confine libico ha visto oggi scendere in piazza 2000 persone contro i tentativi di ingaggio di mercenari locali da spendere contro i vicini libici. Oltre alle già numerose diserzioni dei giorni scorsi, le ultime 24 ore hanno visto anche l’ammutinamento di due navi incaricate di bombardare le coste mentre si fa strada l’idea di un contro-uso dell’aviazione per bombardare il dittatore asserragliato.
L’uomo che negli ultimi 40 anni aveva guidato il paese, ammantando la propria figura di tutti i meriti della lotta di liberazione anti-coloniale, riceve giorno dopo giorno le scomuniche degli erede gloriosi della resistenza che negli anni ’30 tenne eroicamente testa ai gerarchi fascisti Graziani e Badoglio. Il nipote del Leone del Deserto Omar al-Mukhtar, ottuagenario, non ha fatto mancare la sua voce contro il carnefice, invitando i giovani a sollevarsi. Così hanno fatto molti capi religiosi e tribali.
Si ammutinano interi comparti dell’esercito e passano dalla parte dell’insorgenza quasi tutti i ministri. Si dimettono gli ambasciatori e i diplomatici impiegati in ogni angolo del mondo. Se le ragioni che accompagnano le scelte dei servitori di ieri sono facili da interpretare (opportunismo e voglia di farla franca) esse sono altrettanto conferme delle ore (o giorni) cui è appesa la fine del dittatore. Pure pezzi della sua numerosa tribù, fidata base d’appoggio per il mantenimento/distribuzione del potere, sembrano spaccarsi di fronte alla scelta suicida e irriducibile del Colonnello.
Ma l’isolamento in cui è costretto non lo fanno demordere dalla scelta consegnata ieri alle telecamere di stato, in un discorso delirante in cui alle promesse (poche) si alternavano inenarrabili minacce (tante) in queste ore mostratesi in tutta la loro drammatica evidenza. E così, se è pur vero che il Colonnello è sempre più solo, la sua ostinazione nello scegliere un martirio che sarà pianto da pochi e maledetto da tanti, può far ancora molto male. Proprio queste due immagini del genaile fumettista Latuff descrivono bene lo stato paranoico di un Gheddafi ridotto a ventriloquo-mitraglietta e/o accalappiato come un avvoltoio su una poltrona circondata di sangue, quello del suo (ex) popolo.
Ma il popolo libico non ha scelta! Come scriveva uno dei tanti utenti che affidavano alla Rete le testimonianze sull’andamento dell’insurrezione “ora che abbiamo cominciato dobbiamo andare fino in fondo perché se perdiamo, la repressione sarà spietata e ci massacreranno tutti…”
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