InfoAut
Immagine di copertina per il post

Netanyahu: sparare subito a chi attacca i nostri soldati

Tel Aviv studia la possibilità di aprire il fuoco sui palestinesi che lanciano sassi durante i raid dell’esercito nelle loro città. Una possibilità che, secondo le organizzazioni per i diritti umani, è già una realtà.

Sparare a chi lancia sassi ai soldati israeliani. E’ una delle possibilità al vaglio del governo di Tel Aviv, che in queste ore esaminerà ed emenderà le regole d’ingaggio dell’esercito nei Territori Occupati: la parola d’ordine, stando alle dichiarazioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu, è “tolleranza zero” sia per il lancio di pietre contro i suoi militari che per “gli atti di terrorismo”.

Netanyahu ha confermato ieri che “sarà esaminata una modifica degli ordini sull’apertura del fuoco per quanto riguarda il lancio di pietre e bombe incendiarie”: stessa cosa avverrà per l’imposizione delle “pene minime” per gli autori dei suddetti crimini. Pene inasprite giusto un mese fa, quando la Knesset ha passato un emendamento che punisce con un massimo di 20 anni di prigione chi lancia pietre contro i soldati, contro le auto israeliane e contro le pattuglie di stanza nei Territori occupati. La pena scende a un massimo di 10 anni quando il sospettato riesce a dimostrare – per assurdo – che l’obiettivo del lancio non era quello di danneggiare cose o persone.

Le attuali regole di ingaggio consentono a soldati e poliziotti di aprire il fuoco vivo solo in caso di pericolo imminente per la propria vita o per il pubblico, e solo dopo una serie di colpi di avvertimento. Eppure le cronache parlano di decine di palestinesi colpiti da proiettili dell’esercito israeliano anche quando “disarmati” o non partecipanti alle proteste contro le forze d’occupazione: durante le manifestazioni del giorno della Nakba 2014, ad esempio, le telecamere a circuito chiuso ripresero l’uccisione di due giovani palestinesi a Beitunia lontano dal luogo in cui si svolgeva una protesta contro l’esercito israeliano. In un episodio simile, le pallottole sparate dai militari hanno raggiunto e ucciso Jihad al-Jaf’ari sul tetto della sua casa nel campo profughi di Dheisheh, vicino Betlemme.

Le “nuove regole d’ingaggio” del governo israeliano arrivano a pochi giorni dalla diffusione del video, diventato virale, sul brutale tentativo di arresto da parte dei soldati di un ragazzino palestinese con un braccio ingessato durante le proteste di venerdì scorso nel villaggio di Nabi Saleh. Un militare è stato assalito dalla madre del ragazzo e da altre donne del villaggio, che hanno liberato il giovane. “Una vera e propria aggressione”, come è stata descritta da non pochi utenti dei social network in Israele, contro la quale il soldato avrebbe dovuto “usare il fucile”.

Il governo israeliano è inoltre impegnato nell’aumento delle pattuglie a Gerusalemme: l’ufficio di Netanyahu ha infatti dichiarato di aver dispiegato altre due unità di polizia di frontiera (circa 300 soldati) e altri 400 poliziotti nella città occupata. In particolare, le unità militari saranno rafforzate lungo la Strada 443, una grande arteria che collega Gerusalemme a Tel Aviv e attraversa per diversi chilometri la Cisgiordania. Tutto perché, secondo quanto dichiarato dal portavoce della polizia israeliana Luba Samri, sarebbero in aumento “gli attacchi nazionalistici da parte dei palestinesi a Gerusalemme est”.

Se è vero – come riporta il portale Middle East Online – che nell’ultimo mese si sono verificati alcuni attacchi da parte di palestinesi contro pattuglie israeliane o contro le auto dei coloni, è anche vero che la tensione è salita alle stelle tra i palestinesi  dall’uccisione del piccolo Ali Dawabsheh, 18 mesi, bruciato vivo nella sua casa di Kafr Douma da un incendio appiccato da coloni israeliani. In quel caso tutto il mondo condannò l’attacco, definito “di natura nazionalistica” e le autorità israeliane fecero a gara a chi pronunciava con più veemenza la frase “tolleranza zero contro gli estremisti”.

A un mese di distanza, gli assassini di Ali e di suo padre Saad sono ancora a piede libero, mentre invece Tel Aviv studia la possibilità di aprire il fuoco sui ragazzi palestinesi che lanciano sassi durante i raid dell’esercito nelle loro città. Una possibilità che però è già realtà: secondo i dati diffusi dall’associazione per i diritti umani B’Tselem, nel 2014 i minori uccisi dal fuoco dell’esercito israeliano nei Territori occupati sono stati 12. Almeno quattro di loro, secondo quanto dichiarato dai soldati, avrebbero lanciato pietre.

da Nena News

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

palestinaresistenzasoldati

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Torino: Assemblea Popolare del coordinamento cittadino Torino per Gaza

Pubblichiamo il comunicato di invito all’assemblea popolare di Torino per Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: “Show Israel the Red Card”. Il 21 novembre la manifestazione contro la partita di basket Virtus-Maccabi Tel Aviv

Venerdì 21 novembre a Bologna è prevista la partita di basket di Eurolega tra Virtus e Maccabi Tel Aviv, la cui curva è nota per le sue idee suprematiste e razziste.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cameri: manifestazione contro Leonardo e le fabbriche di morte del governo italiano

Il Coordinamento Novara per la Palestina e altre realtà locali hanno organizzato per sabato 15 novembre una manifestazione che partirà dal centro città di Cameri per poi giungere sino alla base militare di Cameri in provincia di Novara composta dall’aeroporto militare e da due stabilimenti Leonardo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele sta costruendo un “muro per l’accaparramento delle terre” nel sud del Libano meridionale mentre continuano gli attacchi aerei

Immagini di un muro in costruzione da parte dell’esercito israeliano nei pressi di postazioni occupate nel sud del Libano sono circolate online, mentre continua la pressione per disarmare Hezbollah

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Turisti della guerra a Sarajevo: aperta un’inchiesta, almeno 5 gli italiani coinvolti

Si radunavano a Trieste e da lì partivano per sparare “per divertimento” ai civili insieme ai militari dell’esercito serbo-bosniaco che assediavano la città di Sarajevo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e gas :l’Europa sempre piu’ dipendente dagli U.S.A.

A ottobre, per la prima volta, un singolo Paese gli USA ha esportato oltre 10 milioni di tonnellate metriche (mmt) di gas liquefatto, il 70% delle quali verso l’Europa.

Immagine di copertina per il post
Formazione

HUB DI PACE: il piano coloniale delle università pisane a Gaza

I tre atenei di Pisa – l’Università, la Scuola Normale Superiore e la Scuola superiore Sant’Anna – riuniti con l’arcivescovo nell’aula Magna storica della Sapienza, come un cerbero a quattro teste.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Fogli di via da Ronchi: la rappresaglia per il corteo del 13 settembre scorso

In una fase in cui il movimento per la Palestina ha attenuato la sua mobilitazione e pressione, la macchina burocratico-repressiva continua a funzionare a pieno ritmo.

Immagine di copertina per il post
Culture

“No Comment”: i Kneecap tornano a colpire con Banksy

Dalla Belfast ribelle al cuore dell’establishment londinese, i Kneecap tornano a colpire.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Mobilitazione studentesca in decine di città contro il riarmo per scuola e formazione

Contro l’escalation bellica, per la Palestina e non solo, ieri, venerdì, è stato sciopero studentesco in decine di città italiane

Immagine di copertina per il post
Culture

Israele sull’orlo dell’abisso

Ilan Pappé, La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina, Fazi Editore, Roma 2025, pp. 287